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ATTO SECONDO



SCENA I.

Una strada.

Entrano due gentiluomini da diverse parti.

Gent. Dove correte così?

Gent. Oh Iddio tì salvi! Andavo alla sala del Parlamento per sapere quale sarà la sorte del gran duca di Buckingham.

Gent. Posso risparmiarvi la fatica, signore; tutto è finito, e non rimane che la cerimonia di ricondurre il prigioniero.

Gent. Eravate voi presente?

Gent. Ero.

Gent. Vi prego di dirmi che cosa avvenne.

Gent. Lo potete facilmente indovinare.

Gent. È egli stato trovato colpevole?

Gent. Sì, ed anche condannato.

Gent. Ne sono dolente.

Gent. Moltissimi lo sono.

Gent. Ma ve ne prego, come segui ciò?

Gent. Ve lo dirò in poche parole. Il nobile duca venne chiamato e sostenne con validissime ragioni la sua innocenza. L’avvocato del re lo ha tribolato colle interrogazioni, portando prove e deposizioni di vani testimonii in suo danno: il duca ha chiesto i confronti, e tosto si è fatto venire il suo intendente, il suo cancelliere sir Gilberto Peck, il suo confessore Giovanni della Corte, e quell’infernal monaco Hopkins, autore di tutto questo doloroso processo.

Gent. Era egli quel monaco che alimentava la di lui imaginazione colle sue profezie?

Gent. Quello stesso. Tutti questi testimonii lo hanno accnflato con violenza, e vani sono stati i suoi sforzi per confutarli e rigettarli. Su tali prove i Fari Than detto convinto d’alto tra* dimento, e tutto il suo discorso pieno di maschia e sentita eloquenza è stato dimenticato o non ha prodotto che una sterile pietà.

Gent. E dopo come s’è egli comportato?

Gent. Allorchè è stato ricondotto alla sbarra per udire il