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ATTO PRIMO 325


Wol. Ora, signora, può Sua Altezza viver sicura se quell’uomo stainlib ertà?

Cat. Dio ci protegga tutti!

Enr. Parvemi volesse dire qualch’altra cosa?

Int. Dopo quelle parole ei pose una mano sull’elsa e l’altra contro il cuore, e sollevando gli occhi profferì un orribile giuramento, di cui il tenore era: che se lo si bistrattava egli avrebbe superato suo padre tanto quanto l’esecuzione supera un disegno non riempito.

Enr. Sì, val dire, che il suo divisamente era di assassinarci con un colpo di stile. Egli è reo: si faccia tosto il suo processo. Se può trovar grazia davanti alla legge, sia; ma se no, non ne aspetti alcuna da noi. Pel giorno e la notte! è un solenne traditore.

(escono)


SCENA III.

Una stanza nel palazzo.

Entrano il lord Ciambellano, e lord Sands.

Ciam. È possibile che i prestigi di Francia avviluppino tanto i nostri viaggiatori da rimandarceli trasformati in sì bizzarri personaggi?

Sands. Le mode nuove, toccassero al colmo del ridicolo, e fossero le più indegne dell’uomo, sono sempre seguite.

Ciam. Per quanto posso vedere, tutto il bene che i nostri Inglesi hanno ottenuto dalla loro ultima corsa si riduce a trasfigurarsi imitando gli abitanti del bel reame.

Sands. Essi han tutti gambe di forme nuove, e zoppicano: qualcuno che non li avesse mai visti camminar prima, crederebbe che la gotta li avesse tutti assaliti.

Ciam. Per la morte! milord, i loro abiti ancora son di foggia affatto strana: non ha più vestigio di cristianità, (entra sir Tommaso Lovell) Ebbene? quali nuove, sir Tommaso?

Lov. In fede, milord, non so altro che il nuovo editto che è stato affisso alle porte del palazzo.

Ciam. A che intende?

Lov. Alla riforma de’ nostri leggiadri viaggiatori che riempion la Corte di querele, di gerghi strani e di pazze mode.

Ciam. Oh! ne son lieto, e vorrei ora pregare i nostri Monsieurs di degnarsi di credere che un cortigiano inglese può avere spirito e senno anche senza aver mai mirato il Louvre di Parigi.