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324 IL RE ENRICO VIII

Francia, il duca, sendo alla Rosa, nella parrocchia di san Lorenzo, Poultney mi dimandò quel che dicevano gli abitanti di Londra intorno a quel viaggio. Gli risposi che si temeva che i Francesi non tradissero il troppo fidevole nostro re. Tosto il duca soggiunse che egli pure avea paura che l’avvenimento non consuonasse con certo discorso pronunziato da un santo religioso che, mi diss’egli, ha spesso mandato a pregarmi di permettere a Giovanni della Corte, mio cappellano, di scegliere un’ora dicevole per andarlo ad ascoltare sopra un soggetto importante, e quindi gli aveva fatto giurare, col suggello della confessione, di non mai rivelare quello che aveva detto ad alcuno, tranne a lui, il qual detto restringevasi a ciò, che nè il re nè i suoi eredi avrebbero mai prosperato, e che il duca governato avrebbe l’Inghilterra.

Cat. S’io ben vi conosco, voi eravate l’intendente del duca, e perduto avete il vostro ufficio per le lagnanze de’ suoi vassalli. Guardate di non accusare per odio un nobile personaggio, e di non porvi a rischio di perdere la vostr’anima immortale, più nobile ancora: guardatevi da ciò, ve ne scongiuro.

Enr. Lasciatelo parlare: continuate.

Int. Sull’anima mia! non dirò che il vero. Io dunque feci notare allora al duca che il monaco poteva essere ingannato dalle illusioni del demonio: e che pericoloso era per lui il fermarsi a meditare su quel soggetto; che l’abito di intrattenersi di quelle idee lo guiderebbe insensibilmente a concepire qualche disegno funesto, che poi vorrebbe porre ad esecuzione. Non me ne può venire alcun male, egli mi rispondeva, e se il re muore, le teste del cardinale e di Lovell verran staccate dai busti.

Enr. Oh! tanto perverso? sapete altro di lui?

Int. Sì, milord.

Enr. Dite.

Int. Essendo a Greenwich allorchè Vostra Maestà garrì il duca a cagione di sir Guglielmo Bloomer.....

Enr. Rammento quel tempo. Era un uomo che voleva servirmi, e che il duca ritenne per sè. — Ma va oltre; che avvenne?

Int. Se, diss’egli, fossi stato arrestato per ciò, e mandato alla Torre, credo che avrei compita la parte che mio padre intendeva di porre ad effetto contro l’usurpatore Riccardo. Mio padre essendo a Salisbury gli fece chiedere il permesso di andarsi a presentare a lui; se Riccardo l’avesse accordato, prima che parole d’intercessione si sarebbe sentito immergere un pugnale nel cuore.

Enr. Vil traditore!