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ATTO QUARTO | 281 |
Ricc. Ah! sono io re? Sì; ma Eduardo vive.
Buck. Vero è, nobile principe.
Ricc. Oh verità funesta! Eduardo ancor vive? Ciò è vero, mi dici? Tu non solevi essere così lento altra volta, cugino, a concepire un’idea. Debb’io parlarti apertamente? Desidero la morte di quei bastardi, e vorrei veder tal cosa compiuta tosto; che rispondi tu ora? Parla subito, e con brevi parole.
Buck. Vostra Maestà può fare quel che le piace.
Ricc. No, no; tu sei di ghiaccio, la tua amicizia si raffredda per me: parla: ho io il tuo assentimento per la loro morte?
Buck. Datemi tempo di alitare; un momento di meditazione, caro signore, prima ch’io vi rechi la mia risposta. Fra un istante farò note le mie intenzioni a Vostra Grazia. (esce)
Cat. (a parte) Il re è sdegnato; ei si morde le labbra.
Ricc. Mi volgerò a qualcuno di costoro (discendendo dal trono) il di cui spirito inerte e pesante non pensa annulla. Chiunque cerca di scrutare il mio cuore non è l’uomo che mi abbisogna. — L’ambizioso Buckingham diviene ora cauto. — Paggio...
Pagg. Signore.
Ricc. Conosci tu alcuno, cui l’oro possa corrompere e determinare ad assumersi un’opera di morte?
Pagg. Conosco un gentiluomo crucciato, la cui miseria non si concilia colla sua anima altera. L’oro lo ridurrebbe meglio di venti oratori ad ogni cosa.
Ricc. Qual è il suo nome?
Pagg. Il suo nome, milord, è... Tyrel.
Rice. Lo conosco in parte; va, fallo venir qui. (il Pagg. esce) L’astuto e profondo pensatore Buckingham non sarà più d’ora innanzi il mio confidente. Egli ha dunque seguito sì lungo tempo i miei passi senza stancarsi, e si ferma ora per riposare? Bene; faccia il suo senno, (entra Stanley) Milord Stanley, quali novelle?
Stan. Si dice, mio amato signore, che il marchese Dorset sia andato a raggiungere Richemond.
Ricc. Ascolta, Catesby: spargi pel pubblico che lady Anna, mia sposa, è pericolosamente inferma. Adotterò i temperamenti necessari per tenerla intanto chiusa: cercami poi qualche infimo gentiluomo, con cui io possa, maritare la figlia di Clarenza. Rispetto al figliuolo, è un piccolo stolido da cui non ho nulla a temere. — Or bene, a che pensi? Te lo ripeto, fa correr voce che la regina è ammalata, e che par voglia morire. Pensa a ciò: perocchè mi è necessario di porre un termine a tutte le speranze.