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280 | VITA E MORTE DEL RE RICCARDO III |
letto non ho più gustato un’ora le dolcezze del riposo; e son sempre stata sveglia al suo fianco, a cagione dei sogni funesti che l’agitano durante la notte. So poi ch’ei mi odia per l’odio che portava al mio padre Warwick; e certo non tarderà a sfogare l’ira soa nel mio sangue.
Elis. Addio, cuore desolato; i tuoi patimenti compiango.
Ann. Io pare con tutta l’anima gemo su i vostri.
Dor. Addio, sfortunata, a cui sì infauste riescono le grandezze.
Ann. Addio, infelice, che da esse ti congedi così!
Duch. Va da Richemond (a Dor.) e la buona fortuna ti guidi! — Tu da Riccardo (ad Anna) e i santi angioli ti proteggano! — Tu al tempio, (a Elis.) e pensieri miti possano serenarti l’anima. Io andrò alla mia tomba, dove troverò pace! Ottant’anni di dolore son passati sopra il mio capo, ed ogni ora di gioia ho scontata sempre con cento di angoscio.
Elis. Fermatevi; gettiamo un ultimo sguardo su quella Torre. Abbiate pietà, o voi antiche pietre, di quei miserelli che l’invidia ha fatto rinchiudere nel vostro seno! Barbara culla per fanciulli così innocenti! Torre spaventosa, dura e selvaggia nutrice. Carcere sciagurata, abbi commiserazione de’ figli miei, tale è la preghiera che il mio insensato dolore ti fa lasciandoti
(escono)
SCENA II.
Un'aula di Corte nel palazzo.
Squillo di trombe. Riccardo qual re sta seduto in trono; Buckingham, Catesby, un paggio, ed altri.
Ricc. Fatevi tutti a parte. — Cugino Buckingham...
Buck. Mio grazioso sovrano.
Rice. Dammi la tua mano; è pei tuoi consigli e per la tua assistenza che Riccardo è salito al trono. Ma godrem noi di tali glorie solo per un giorno, o saran esse invece durevoli?
Buck. Possano elle durare al par di noi.
Rice. Ah Buckingham! È in questo momento ch’io vo’ sottomettere il tuo cuore alla prova, per conoscere se è di tempra solida e sicura. — Il fanciullo Eduardo vive... pensa a quello ch’io vo’ dire.
Buck. Parlate, mio amato signore.
Rice. Io ti dico, Buckingham, che vorrei esser re.
Buck. Tale voi siete, mio illustre sovrano.