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276 | VITA E MORTE DEL RE RICCARDO III |
svanire da ch’essi vengono a ben pesare tutte le circostanze. Voi dite che Eduardo è figlio di vostro fratello, e noi lo consentiamo; ma ei non è nato dalla sposa legittima di suo padre. Perocchè il padre suo si era fidanzato prima con lady Lucy, e vostra madre può attestarlo; poi colla principessa Bona, sorella del re di Francia. Queste due spose dimenticate, si fe’ a lui dinanzi una donna supplichevole, una madre piena di famiglia, una vedova addolorata e sul declinare della bellezza, che, sebbene molto avanti negli anni, accese un resto di fuochi nella sua lasciva pupilla, o lo sedusse tanto da farlo cadere dall’altezza de’ suoi primi voti ail’abbassamente e alla vergogna di una abbietta bigamia. È da questa vedova, e nel suo letto illegittimo che egli ha generato quell’Eduardo, che l’abito e l’adulazione ci han fatto fin qui chiamare col nome di principe. Potrei querelarmene con parole anche più amare di queste, se, ritenuto dal rispetto che debbo a una persona vivente, non imponessi un freno rispettoso alla mia lingua. Perciò, mio buon prìncipe, riprendete per la vostra real persona questa dignità che vi appartiene e che vi è offerta. Se indifferente siete al motivo di renderci tutti felici, fatelo almeno per togilere lo scettro dei vostri illustri avi dalla stirpe corrotta, in cui l’han fatto cadere la depravazione e l’abuso dei tempi, per rimetterlo in quella linea alla quale solo spetta.
Pref. Acconsentite, mio principe: i vostri sudditi ve ne scongiurano.
Buck. Non rifiutate, principe illustre, l’offerta che vi fa il nostro amore.
Cat. Oh! rendeteli felici, aderendo alla loro giusta dimanda!
Gloc. Oimè! perchè volete opprimermi con tante inquietudini? Nato io non sono per le grandezze e la maestà del trono. Ve ne supplico, non ve ne offendete, se non posso arrendermi ai vostri desiderii.
Buck. Se pur persistete a rifiutare, rattenuto dalla ripugnanza che sentite a deporre un fanciullo, un figlio di vostro fratello che amate per generosità, perocchè noi ben conosciamo la tenera sensibilità del vostro cuore, e quella pietà molle e effeminata che abbiam sempre osservata in voi pei vostri parenti, e che si stende su sutte le classi de’ buoni... sappiate che anche in tal caso il figlio di vostro fratello non vivrà mai nostro re, e che porremo qualcun altro in trono, con disdoro e ruina della rostra casa. È con questa ferma risoluzione che vi lasciamo. — Venite, cittadini, troppo lungo tempo abbiam supplicato invano.
(esce coi cittadini)