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atto terzo 263


SCENA II.

Dinanzi alla casa di lord Hastings.

Entra un Messaggiere.

Mess. Milord, milord... (battendo)

Hast. (dal di dentro) Chi batte?

Mess. Un inviato di lord Stanley.

Hast. (come sopra) Che ora è?

Mess. Le quattro omai. (entra Histings)

Hast. Il tuo padrone non trova dunque sonno in queste notti noiose?

Mess. Così sembrerebbe da quello che ho da dirvi; ma anzitutto ei si raccomanda alla grazia di vossignoria.

Hast. Poi.....

Mess. Poi vi fa assapere, che ha sognato questa notte, che un cinghiale lo aveva atterrato, e vi ammonisce che si tengono due consigli separati e segreti, e che nell’uno di questi si potrebbe prendere un partito che valesse a far pentire lui e voi d’aver assistito all’altro. Questo è che l’ha indotto a spedirmi onde conoscere il vostro sentimento, perchè egli dividerà la vostra sorte quand’anche voleste montar tosto a cavallo con lui, e cercare nel nord d’Inghilterra un asilo contro il pericolo che vi minaccia.

Hast. Va, mio amico, ritorna dal tuo signore. Digli che non abbiam nulla a temere da questi due consigli, che si raduneranno separatamente. Noi due dobbiamo assistere ad uno, e il nostro fedele amico Catesby sarà nell’altro; non può dunque nulla accadere contro di noi che non ne siamo istrutti. Digli che i suoi timori son vani, e quanto a quel sogno... stupisco ch’ei sia tanto semplice da prestar fede alle imagini di una fantasia commossa. Fuggire il cinghiale1 prima ch’ei ne insegua sarebbe un eccitarlo a correre sopra di noi; un porlo sulla traccia d’una preda alla quale neppur pensava. Va, di’ al tuo padrone di alzarsi, e di venirci a raggiungere; andremo insieme alla Torre, dove vedrà che il cinghiale ne tratterà bene entrambi.

Mess. Vado, milord, a recargli la vostra risposta.

(esce; entra Catesby)

Cat. Buon giorno, mio nobile lord!

  1. Si allude a Glocester.