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ATTO SECONDO 255

Citt. In eguali condizioni versavi lo Stato, allorchè Enrico VI fu coronato a Parigi all’età di nove mesi.

Citt. In eguali condizioni? No, no, miei degni amici, e Dio lo sa. L’Inghilterra poteva vantarsi allora di avere un consiglio illuminato, e il re aveva zii virtuosi per sostenere e guidare i suoi passi.

Citt. Anche questo ne ha così dal lato del padre, come da quello della madre.

Citt. Meglio sarebbe non ne avesse; perocchè la rivalità delle pretensioni ci cagionerà molti mali, se Dio non provvede. Pericoloso è assai il duca di Glocester; e i figli dei fratelli della regina son superbissimi. Se invece di governare fossero tutti contenuti nell’obbedienza, questo sciagurato paese potrebbe aver pace.

Citt. Via, via, i nostri timori van troppo lungi, tutto riescirà a bene.

Citt. Quando il cielo si cuopre di nubi, gli uomini savi si avvolgono nei loro mantelli; quando le foglie più larghe cadono, l’inverno è presso. Allorchè il sole tramonta, chi è che non attenda la notte? Gli uragani fuor di stagione minacciano le carestie. Tutto può andar bene; ma se Dio ne fa questa grazia, è più che non meritiamo, e ch’io non m’aspetti.

Citt. Per dir vero, i cuori di tutti son pieni di timori. Non si può parlar con alcuno che non sia mesto e non appalesi i suoi terrori.

Citt. È quello che avviene sempre alla vigilia delle grandi rivoluzioni. Per un istinto divino gli uomini presagiscono i guai, come l’acqua si gonfia all’avvicinarsi della tempesta. Ma lasciano di ciò la cura a Dio. Dove andate?

Citt. All’aula dei giudizii.

Citt. Là pure io vado; e vi terrò compagnia.

(escono)


SCENA IV.

La stessa. — Una stanza nel palazzo.

Entrano l’Arcivescovo di York, il giovine Duca di York, la Duchessa di York e la regina Elisabetta.

Arc. Mi dissero che la notte scorsa avevano dormito a Stratford; e questa sera si fermeranno a Northampton. Dimani saranno qui.