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VITA E MORTE DEL RE RICCARDO III 232


Gloc. Riprendete questo cadavere, signori.

Gent. Verso Chertsey, nobile lord?

Gloc. No, a Whìte-Friars; aspettatemi colà. (esce il convoglio col feretro) Fa mai donna amoreggiata in tal guisa? Fu mai donna in tal guisa vinta? L’avrò... Ma non la terrò lungamente. Che! Io, che uccisi il suo sposo e suo padre, far la conquista del suo cuore, nell’istante in cui il suo odio era al colmo, in cui la sua bocca e i suoi occhi erano pieni di lagrime e di maledizioni, accanto all’inanime corpo che eccitava la sua vendetta contro di me? In onta del Cielo, della sua coscienza, e di quel feretro..... io, senz’alcun amico che secondasse la mia preghiera, senza altro mezzo che l’inferno, e i miei sguardi simulati, vincerla? È un giuocare l’universo contro il nulla! Ah! ha ella dimenticato già quel valoroso principe Eduardo suo sposo, che pugnalai son tre mesi nel mio furore a Tewksbury? Gentiluomo sì dolce, sì amabile, formato in un istante in cui la natura era vogliosa di prodigare i suoi doni, giovine valente, saggio e di vero sangue reale; tale che il mondo intero non ne potrebbe offrire un simile; e nondimeno ella si degna d’abbassare i suoi occhi sopra di me, che mietei quel bel fiore nella sua primavera, e vedova la resi in solitario e doloroso letto? sopra di me che non ho la metà dei pregi di Eduardo? sopra di me sciancato e sì orrendamente contraffatto?.... Porrei il mio ducato contro lui miserabile soldo, che ho errato sul mio conto fin qui. Sull’anima mia! ella trova, sebben non possa vederlo da me stesso, ch’io sono un cavaliere modellato egregiamente. Ebbene, vo’ comprar specchi e far lavorare sartori, per istudiare i mezzi di adornare la mia persona, e di nascendere i miei difetti: poichè riconciliato sono col mio corpo, sosterrò qualche lieve sagrifizio per alimentare questa mia buona opinione. — Ma incominciamo dal far deporre quel gentiluomo nella sua tomba, e poscia torniamo a sospirare ai piedi della dea. Risplendi, amabile sole, finchè comprato io abbia uno specchio, e fammi vedere la mia ombra al mio fianco.

esce)


SCENA III.

La stessa. — Una stanza nel palazzo regio.

Entrano la regina Elisabetta, lord Rivers e lord Grey.

Riv. Abbiate calma, signora; Sua Maestà ricupererà in breve la salute.

Grey. Il vostro dolore non fa che aggravare il suo male: per-