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230 VITA E MORTE DEL RE RICCARDO III


An. Giusto e ragionevole è voler vendetta di chi mi uccise lo sposo.

Gloc. Quegli che te lo tolse te ne offrirà uno migliore.

An. Di migliori non ne vivono sopra la terra.

Gloc. Ma un uomo vive che ti ama più di lui.

An. Chi è esso?

Gloc. Plantageneto.

An. Dunque egli.

Gloc. Il nome è il medesimo, ma questi ha miglior tempra.

An. Dov’è?

Gloc. Qui: (ella gli sputa in viso) perchè mi oltraggi?

An. Vorrei fosse un mortal veleno per amor tuo.

Gloc. Non mai veleno escì da così dolci labbra.

An. Non mai veleno coprì rettile più turpe. Lunge di qui! Tu mi corrompi gli occhi.

Gloc. I tuoi occhi, amabile lady, hanno conturbato i miei.

An. Così fossero basilischi per darti morte!

Gloc. Lo fossero pure, onde morire in una volta sola; perocchè ora essi mi spengono con una uccisione lunga. Quegli occhi tuoi hanno estratto da’ miei lagrime dolorose, e disonorati li hanno con tale puerile debolezza, sebbene la pietà non li avesse mai fatto piangere. No: ho veduto, senza commuovermi, mio padre York ed Eduardo, che amaramente gemevano per la morte del giovine Rutland, trafitto dal barbaro Clifford; ho veduto impavido il vostro bellicoso padre, che lagrimando come un fanciullo mi narrava la tragica storia della morte del suo genitore, e l’interrompeva cento volte per dar sfogo ai suoi singhiozzi, onde tutti i presenti, come arboscelli annaffiati di pioggia, ne avevano molli le guancie; in tutte quelle circostanze funeste i miei occhi restavano asciutti; ma quello che le sventure non potevano, la vostra beltà lo ha potuto. Non mai ho supplicato nè amici, nè nemici: non mai la mia lingua ha potuto imparare una parola adulatrice: ma oggi che la tua bellezza è divenuta oggetto della mia ambizione, il mio superbo cuore s’umilia a pregarti, e costringe la mia lingua alle voci dell’amore. (Anna lo guarda con disprezzo) Non muovere le tue labbra a tanto sdegno; fatte esse furono pei baci, Anna, e non per la collera. Se il tuo cuore amante di vendetta non sa perdonare, mira! io qui ti do questa spada aguzza, che tu potrai immergere in questo fido petto, sprigionandone un’anima che ti adora. Ecco, io lo denudo dinanzi al mortal colpo, e umilmente inginocchiato ti chieggo la morte. (si sempre il petto; ella lo appunta colla spada) Non arrestarti; io uccisi il re Enrico...... ma fu la tua bel-