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226 VITA E MORTE DEL RE RICCARDO III


Gloc. E quale lo desidero al mio ottimo ciambellano. Godo di vedervi riposto in libertà. Come sostenne Vostra Grazia la prigionia?

Hast. Con pazienza, nobile lord, come debbono farlo i prigionieri: ma io vivrò per ringraziare coloro che mi avevano fatta perdere la libertà.

Gloc. Senza dubbio, e così farà anche Clarenza, avvegnachè i vostri nemici sono i suoi e prevalso hanno del pari contro voi entrambi.

Hast. È ben tristo che l’aquila stia racchiusa, intantochè vili uccelli da preda compiono in libertà le loro carnificine.

Gloc. Quali novelle del di fuori?

Hast. Nessuna di così cattive come sono le interne: il re è malato, debole e malinconico, e i suoi medici temono assai per la sua vita.

Gloc. Sì; per san Paolo, questa novella è veramente trista. Oh! egli ha fatto una dieta troppo severa, e ha consunta la sua real persona: doloroso è il pensarci. Ma è egli in letto?

Hast. Sì.

Gloc. Andate innanzi, ed io vi seguirò. (Hast. esce) Ei non può vivere, spero; nè deve morire, finchè Giorgio non sia stato spedito in Cielo. Io andrò per irritare vieppiù il suo odio contro Clarenza, con menzogne avvolte fra potenti argomenti; e se non erro su quanto ho immaginato, a Clarenza non rimane un altro giorno di questa luce. Ciò fatto, Iddio disponga del re Eduardo nella sua misericordia, e lasci a me il mondo, perch’io vi compia la mia parte! Allora io sposerò la figlia più giovane di Warwick, sebbene uccisi le abbia lo sposo e il genitore. Perocchè il mezzo più pronto di far ammenda colle fanciulle, è di dar loro un nuovo marito e un nuovo padre; e il posto di questi io terrò non così per amore, come per un’altra idea profonda che non vuol trasandarsi. Ma troppo io corro; Clarenza vive ancora: Eduardo vive e regna; e solo quand’essi saranno scomparsi potrò annoverare i miei trionfi.

(esce)


SCENA II.

La stessa. — Un'altra strada.

Entra un corteo di gentiluomini in gramaglie portanti il feretro del re Enrico VI. Lady Anna è con loro. An. Deponete, deponete qui quell’onorevole carico (se però l’onore alberga in un cataletto) e lasciatemi per un istante pagare