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218 | IL RE ENRICO VI |
vagità lo diverrò il primo degli uomini. — Getterò il tuo cadavere in un’altra stanza: la tua morte, Enrico, è per me un giorno di trionfo! (esce)
SCENA VII.
La stessa. — Una stanza del palazzo.
Si vede il re Eduardo seduto sul suo trono; la regina Elisabetta col suo lattante, Clarenza, Glocester, Hastings, ed altri.
Ed. Una volta ancora eccoci assisi sul real trono d’Inghilterra, ricompro col sangue dei nostri nemici. Quanti prodi noi abbiam fatti cadere, come le spiche d’autunno, in mezzo al loro orgoglio! Tre duchi di Sommerset, egregi pel loro valore; due Clifford, padre e figlio, e due Northumberland, di cui non vissero mai uomini più tremendi; e con essi quei cinghiali indomiti Warwick e Montague, che incatenato aveano il regio leone, e fatta tremar la foresta coi loro alti ruggiti. Così abbiamo allontanato dal nostro seggio ogni sospetto, e posti ci siamo sopra solida base. — Avvicinati, Elisabetta, e lascia ch’io baci il mio fanciullo: piccolo Eduardo, è per te che i tuoi zii ed io abbiam passato sotto il peso delle armi le fredde notti d’inverno; per te che abbiam marciato fra gli avvampanti ardori dell’estate, onde tu possa possedere in pace la corona che ti era stata rapita, e raccogliere il frutto delle nostre opere.
Gloc. (a parte) Io inaridirò la sua messe allorchè meno il penserete; perocchè a me non si bada ancora nel mondo. Queste spalle di struttura sì forte son destinate a portare, ed esse porteranno un gran peso, o ne saran schiacciate. — Indicami tu la via (toccandosi la fronte) e questa eseguirà (accennando la mano).
Ed. Clarenza e Glocester, amate la mia dolce regina, e date entrambi un bacio al vostro real nipote.
Clar. Suggello l’obbedienza ch’io debbo a Vostra Maestà sulle labbra di questo vago fanciullo.
Ed. Grazie, nobile Clarenza: degno fratello, grazie.
Gloc. In segno dell’amore ch’io porto alla pianta, da cui tu nascesti, do questo bacio al suo frutto. (a parte) In verità il mio bacio è simile a quello di Giuda, che tradì il suo Signore e glidò salute, mentre la sua anima ne meditava la rovina.
Ed. Ora posseggo la felicità a cui il mio cuore agognava, avendo la pace nel regno, e l’amore de’ miei fratelli.