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ATTO PRIMO | 13 |
(Cario esce) Cessa dalla tua meraviglia. Nulla è nascosto a’ miei occhi: parlerò con te a parte; ritiratevi, signori, e accordateci un istante di libertà.
Ben. Straordinaria fanciulla!
Pul. Delfino, io son nata figlia di un pastore: il mio spirito non è stato coltivato da nessun’arte: ma è piaciuto al Cielo e a nostra Donna della Grazia di volgere uno sguardo propizio sul mio oscuro stato. Un giorno ch’io seguiva i miei teneri agnelli, esponendo il mio volto agli abbrucianti ardori del sole, la Madre di Dio degnossi apparirmi, e con voce pia e maestosa mi comandò di abbandonare la mia ignobile professione, e di venire a liberare la mia patria dalle calamità che la opprimono: essami promise la sua assistenza, e un successo infallibile. In tutto lo splendore della sua gloria la Madonna mi apparve; ed io che prima era bruna, purificata dai raggi della luce ch’ella versò su di me, candida divenni. Ponetemi alla prova con tutte le dimande che potrete immaginare, ed io vi risponderò tosto senza apparecchiarmivi: sperimentate il mio coraggio in un duello, se l’osate, e vedrete che supero le forze del mio sesso. Fortunato sarete, o re, se mi riceverete per vostra compagna di guerra.
Car. Tu mi hai fatto meravigliare colla fierezza del tuo discorso; io non vo’ che una prova del tuo valore. Tu lotterai con me in singolare combattimento, e se vinci, crederò ciecamente alle tue parole.
Pul. Son presta. Ecco la mia spada ornata con cinque fiori di giglio; la presi nel cimiterio di santa Caterina, in Turenna, di messo ad un fascio di vecchie armi.
Car. Avanzati in nome di Dio, io non temo le femmine.
Pul. Nè io, finchè vivrò, fuggirò da alcun uomo. (combattano)
Car. Fermati, fermati; tu sei un’amazzone, e combatti colla spada di Debora.
Pul. La Madre di Dio mi aiuta, altrimenti sarei troppo debole.
Car. Chiunque sia che ti sussidia, tu sei che devi soccorrermi: un desiderio impetuoso accende la mia anima: tu hai vinto in pari tempo e la mia forza ed il mio cuore. Celeste Pulcella, se tale è il tuo nome, lascia ch’io sia il tuo servo, e non il tuo sovrano: è il Delfino di Francia che intercede da te questo favore.
Pul. Io non posso essere iniziata ai riti dell’amore. Il Ciclo mi ha consacrata alla mia casta vocazione. Allorchè avrò scacciati da questi luoghi tutti i tuoi nemici, penserò allora alla mia ricompensa.
Car. Intanto getta uno sguardo pietoso sul tuo fido schiavo.