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206 IL RE ENRICO VI


War. Addio, signori; ci rivedremo a Coventry.

(esce con Clar., Ox. e Mont. Enr. Qui io vo’ restarmi anche un poco. Cugino di Exeter, che pensa vossignoria? Farmi che le forze di Edoardo non debbano poter resistere alle nostre.

Ex. Il dubbio è ch’ei non ci seduca le schiere.

Enr. Di questo non temo, il mio amore mi ha reso caro. Io non ho mai chiuse le orecchie alle dimande d’alcuno, nè posto indugi alle petizioni de’ miei sudditi. La mia pietà è stata il balsamo sanatore delle loro ferite; la mia compassione ha alleviati i loro mali e asciugate le loro lagrime. Io non fui mai desideroso delle altrui ricchezze; nè imposti ho mai gravi balzelli; nè avido mi son mostrato di vendette, sebbene ne avessi talvolta cagione. Perchè dovrebbero dunque amare Eduardo più di me? No, Exeter, i beneficii svegliano la gratitudine, e quando il leone si mostra mite verso l’agnello, l’agnello non può cessare di seguitarlo. (grida al di dentro di: Lancastro! Lancastro!)

Ex. Udite, udite, milord! quali grida son queste! (entra il re Eduardo, Glocester e soldati) Ed. Impossessatevi di questo svergognato Enrico e conducetelo lungi di qui; una volta ancora noi ci acclamiamo re d’Inghilterra. Voi siete il fonte che alimenta i piccoli ruscelli; ove inaridito, essi si verseranno nel mio mare, che innalzerà quindi assai più alti i suoi flutti. — Conducetelo alla Torre; e non gli date facoltà di parlare (escono alcuni con Enr.). Signori, a Coventry; a combattere Warwick. Il sole estivo risplende, e se facciamo altre dimore, il freddo dell’inverno potrebbe sopravvenire per arrestarci.

Gloc. Andiamo, prima che le sue forze si accrescano, e sorprendiamo il traditore repentinamente. Prodi guerrieri venite a Coventry. (escono)