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ATTO QUARTO | 199 |
SCENA IV.
Londra. — Una stanza nel palazzo.
Entrano la regina Elisabetta Grey e Rivere.
Riv. Signora, quale sventura vi ha tanto mutata?
Elis. Oh! fratello Rivers, v’è ignoto ancora ciò ch’è accaduto al re Eduardo?
Riv. Forse la perdita di quella battaglia contro Warwick?
Elis. No, ma la perdita della sua real persona.
Riv. È dunque il mio sovrano ucciso?
Elis. Sì, quasi ucciso, perchè è fatto prigioniero: egli fu tradito dalle sue guardie o sorpreso da’ suoi nemici. Il misero è ora condotto dal vescovo di York per comando del vile Warwick di lui fratello.
Riv. Coteste novelle, debbo confessarlo, son dolorose: ma, graziosa signora, sopportatele con pazienza. Warwick, che ora ha vinto, può a sua volta perdere.
Elis. L’amabile speranza impedisca dunque l’estinzione dei miei dì. Io mi toglierò alla disperazione per amore del figlio di Eduardo che ho nel seno. Ciò mi afforzerà contro le mie passioni e mi farà portare rassegnata la mia croce. Sì, sì, per questo io verserò molte lagrime e conterrò molti angosciosi sospiri, onde da tali lagrime o da tal sospiri danneggiato non dovesse restaro il frutto del re, il vero erede della corona dlnghilterra.
Riv. Ma, signora, dov’è dunque andato Warwick?
Elis. Verso Londra per coronarvi un’altra volta Enrico: presagisci tu il resto. Gli amici del re Eduardo forz’è che cadano. Per prevenire le violenze del tiranno (che a fidarsi non v’è di chi ruppe una volta la data fede), io riparerò in un santuario, sì che si salvi almeno il raccoglitore dei diritti di York, ed ivi resterò in sicuro dalla forza e dalle fraudi. Vieni, fuggiamo, finchè ci è dato di fuggire; se Warwick ne prende, ei ne ucciderà tosto.
(escono)