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186 | IL RE ENRICO VI |
un’altra Troia, cambiando più spesso di colori che il camaleonte, cambiando più spesso di forme che Proteo, esperto tanto di politica, che il truce Macchiavelli potrebbe essermi discepolo. Io possiedo tutte queste doti, e non avrò un trono? Foss’egli anche cento volte più lungi che non è da me, e saprei arrivarvi.
(esce)
SCENA III.
Francia. — Una stanza nella reggia.
Squillo di trombe. Entrano Luigi re di Francia, e Bona con seguito; il re va ad assidersi in trono. Vengono poi la regina Margherita, il principe Eduardo, suo figlio, e il conte di Oxford.
Re. Bella regina d’Inghilterra (alzandosi), illustre Margherita, assidetevi con noi; non si addice al vostro grado e alla vostra nascita il rimanere in piedi, mentre Luigi è assiso.
Mar. No, potente re di Francia; ora Margherita deve umiliarsi e imparare ad obbedire dove i re comandano. Io era, io confesso, in di più lieti, che passati sono, l’illustre regina d’Ingnilterra; ma ora l’avversità ha cancellati i miei titoli, e m’ha precipitata con ignominia nella polvere, dove convien ch’io rimanga, conformandomi alla mia sorte.
Re. Che dite, bella regina? Donde derivasi profonda disperazione?
Mar. Da una cagione ch’empie i miei occhi di lagrime, che soffoca la mia voce, e immerge il mio cuore nell’amarezza e nei dolori.
Re. Quali che si siano le vostre sventure, siate sempre voi stessa, e assidetevi al nostro fianco (la fa sedere). Non piegate il capo sotto il giogo della fortuna; ma con anima intrepida innalzatevi trionfante al disopra dei vostri mali. Spiegatevi, regina Margherita, confidatemi le vostre pene; esse saranno alleviate, se la Francia può alleviarle.
Mar. Queste graziose parole rianimano il mio coraggio estinto, e rendono alla mia voce la forza per esporvi i miei mali. Sappiate, generoso Luigi, che Enrico, solo possessore della mia tenerezza, di re ch’era, più non è che un esule, costretto a vivere sulle frontiere della Scozia, nell’abbandono, intanto che l’ambizioso Eduardo, superbo duca di York, usurpa il titolo reale e li