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122 IL RE ENRICO VI

sensibili, che risponderanno a’ tuoi lamenti coi loro sibili. Voglio ammogliarti alle Furie d’inferno per aver tu avuto l’audacia di accoppiare un potente principe colla figlia di una larva di re, che non ha nè sudditi, nè tesori, nè diadema. Tu ti sei ingrandito con una politica turpe, suddito ambizioso: ti sei satollato col sangue della tua patria: per te le ricche provincie dell’Aijou e del Maino sono state vendute ai francesi: a tua suggestione i ribelli e perfidi Normanni sdegnano dì porgerne omaggio; e le città di Piccardia hanno sgozzati i loro governatori, rase le nostre fortezze, rimandati gli avanzi dei nostri soldati sanguinosi nel loro paese: e per odio di te il generoso Warwick e tutti i Kevil, la di cui spada tremenda non fu mai sguainata invano, corrono alle armi; e la casa di York, precipitata dal trono per l’infame assassinio di un re innocente ed eccitata dalla tua cruda tirannide, arde dei fuochi della vendetta. Già i suoi vessilli s’avanzano dal nord, splendidi come soli, e portano per divisa: Invitis nubibus. I comuni di Kent disertano le campagne, e sostengono quella fiera contesa. Per conchiudere, l’onta e la miseria sono entrate nel palazzo del nostro re, e tutti questi mali sono opera tua. Via, compagni; conducetelo.

Suff. Oh fossi un Dio per vibrare la folgore su quest’orda di vili schiavi! Ben poco occorre ad enfiare d’orgoglio i miserabili! Questo sciagurato, che possiede appena un vascello, minaccia più che s’ei fosse il maggior pirata dei mari. Insetti vili succhiar non debbono il sangue dell’aquila: impossibile è ch’io muoia per mano abbietta come la tua. Le tue parole svegliano in me rabbia e non timore: sappi che la regina mi ha affidato un messaggio per la Francia: io quindi ti impongo di trasportarmi colla tua nave alla riva opposta.

Cap. Gualtiero...

Whit. Vieni, Suffolk, bisogna ch’io ti guidi a morte.

Suff. Gelidus timor occupat artus: sei tu ch’io temo.

Whit. Ne avrai cagione prima ch’io ti lasci. Che! Gemi ora?

Gent. Mio grazioso signore, supplicatelo, parlategli con dolcezza.

Suff. La lingua sovrana di Suffolk è inflessibile ed aspra; usa a comandare, inetta a interceder grazie. Lungi da me la debolezza d’onorar costoro con un’umile preghiera. No; la mia testa s’abbassi sul palco fatale prima che si veggano le mie ginocchia piegare innanzi ad alcun essere, eccetto il Dio de’ mortali, o il mio re; e la mannaia la separi dal mio corpo sanguinoso prima che mirar si possa scoperta dinanzi a sì vili schiavi. La vera