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118 IL RE ENRICO VI

greti della sua anima colpevole: corro da Sua Maestà per istruirle di ciò.

Mar. Vanne. (esce Vaux) Oimè! Che cosa è questo mondo? Quali novelle son coteste? Ma perchè mi lagno io della perdita di un vecchio, e dimentico l’esilio di Suffolk, tesoro della mia anima? Ho io dunque una lagrima che per te non sia? Va, parti; il re passerà di qui; se ti trovassero meco ti ucciderebbero certamente.

Suff. Se mi divido da te non posso vivere: e morire al tuo cospetto sarebbe cosa celeste! Qui esalerei la mia anima, come il fanciullo fra le braccia della madre, e lontano da te morrò fra accessi di rabbia, invocandoti ad alte grida per chiudermi gli occhi, per sentire i baci della tua bocca sulle mie labbra spiranti. Se tu fossi vicino a me in quell’ultimo istante, o tu richiameresti la mia anima fuggitiva, o l’accoglieresti nel tuo cuore, dov’ella vivrebbe in un divino Eliso. Morire accanto a te non sarebbe che un dolce sogno; morire lungi da te sarà tortura peggiore di morte. Oh! lascia ch’io rimanga, avvenga ciò che vuole.

Mar. Ah, parti! Sebbene la separazione sia crudele, è il solo rimedio per curare una piaga mortale. Va in Francia, amato Suffolk. Di là inviami tue novelle, e sii certo che in qualunque luogo di questo vasto globo tu ti fermi, saprò procacciarmi una iride fedele che ti troverà.

Suff. Vado.

Mar. E reca con te il mio cuore.

Suff. Il più ricco gioiello deposto nell’urna più dolorosa che mai contenesse un tesoro di gran prezzo. Per questa via volerò a morte.

Mar. Ed io per questa; addio. (escono da varie parti)

SCENA III

La stanza da letto del cardinal Beaufort.

Entrano il re Enrico, Salisbury, Warwick ed altri. Il cardinale è in letto circondato da varie persone del suo seguito.

Enr. Qual è il vostro stato, milord? Parlate al vostro sovrano.

Car. Se tu sei la morte, io ti darò tesori dell’Inghilterra bastanti a comprare un’altra isola come questa. Ma lasciami vivere e salvami da tanto male.