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ATTO SECONDO | 99 |
SCENA IV.
Una strada.
Entrano Glocester e i suoi domestici in corrotto.
Gloc. Così talvolta il giorno più splendido si estingue entro nube; e alla state tien dietro sempre lo sterile inverno, orribile di ghiacci e di nebbie. E come le stagioni si succedono, così conseguono i beni e i mali. — Amici, che ora è?
1° Dom. Dieci ore, signore.
Gloc. È l’ora che mi fu indicata per aspettare il passaggio della mia sposa punita. Trascinata essa viene senza pietà per le strade, a ogni selce del pavimento strazia i suoi piedi teneri e delicati, e le fa mandare un grido di dolore. Sfortunata e cara consorte, come mai la tua anima soffre ella un popolo abbietto, che dappresso con insolenza ti guarda e ti irride, esso che non ha guari ancora correva dinanzi alle veloci ruote del tuo carro, allorchè passavi in trionfo per le vie di Londra! Ma odo le grida: ella giunge; ed io preparerò i miei occhi oscurati dalle lagrime a vedere le sue miserie. (entra la duchessa di Glocester colla tunica bianca; una carta in cui sta scritto il suo delitto attaccata alla vita, i piedi nudi e un torchio acceso in mano; sir Giovanni Stanley, uno sceriffo, e ufficiali)
1° Dom. Così piaccia a Vostra Grazia, noi la libereremo dalle mani dello sceriffo.
Gloc. No, non vi muovete, se v’è cara là vita; lasciatela passare.
Duch. Venite voi, milord, per contemplare la mia vergogna? Ora voi fate penitenza con me, e dividete il mio supplizio. Mirate come i loro sguardi s’affiggono in noi. Mirate come questo stolto popolo vi accenna a dito, e scrollando il capo vi commisera. Ah, Glocester, celatevi ai loro sguardi odiosi, e nella vostra solitudine, deplorando il mio obbrobrio, andate a maledire per sempre i vostri e i miei nemici.
Gloc. Datevi pace, gentile Eleonora, obbliate questo oltraggio.
Duch. Oh! Glocester, insegnatemi ad obbliare la mia esistenza, piuttosto; perocchè quando penso che sono vostra sposa, e voi un principe e il protettore di questo regno, parmi che non dovrei essere così condotta e avviluppata in questo sacco ignominioso, con cartelli infami sul dorso, seguita da una vile moltitudine che