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atto quarto | 75 |
manopola... vediamo il suo valore... Guarda, guarda; un topo! Zitto; in tempo corre al cacio! Dov’è il gigante? Datemi la mia scure... vuo’ provarmi con lui... Oh! ben voli, uccello... vola, vola, uh!... La parola d’ordine, se vi piace?
Edg. Benefico amaraco!
Lear. Passa.
Gloc. Conosco questa voce.
Lear. Ah Gonerilla!... colla barba bianca!... Esse mi sojavano come un cane; e dicevano che avevo peli canuti nella barba, prima ancora che i neri fossero spuntati. Dicevano sì e no ad ogni cosa ch’io sostenessi. — Il sì e il no non erano buone prove. Quando la pioggia venne ad inzupparmi, e il vento a farmi tremare; quando il tuono non volle acquetarsi al mio comando, fu allora che le conobbi, e le apprezzai al loro giusto valore. Va; esse non sanno, come gli uomini, osservar le parole; mi dicevano ch’io era onnipotente. È una menzogna; io non sono a prova di febbre.
Gloc. I suoni di questa voce io rammento bene. Non è il re?
Lear. Sì, re dai piedi alla testa. Quando assumo un contegno fiero, guarda come i miei sudditi tremano. Accordo a quest’uomo la vita; qual era il tuo delitto? — Adulterio. — Ebbene, non morrai. Morire per adulterio? No. Il reattino e la giovine farfalla volano gaiamente a commetterlo dinanzi a me. Prosperi a posta sua l’adulterio, dacchè il bastardo di Glocester fu più umano verso suo padre, che meco nol fossero le mie figliuole generate entro un legittimo letto. Ardite, libertini; mescolate i sessi, perchè io manco di soldati. — Mira quella signora che sorride, il cui volto traverso alla sua mano direbbesi che è di neve, quali sembianze di virtù ostenta, e come scrolla il capo al solo nome del piacere! Eppure il gatto e lo stallone chiuso nella scuderia, non corrono con maggior foga e appetito verso voluttà. E’ son Centauri dalla cinta al fondo, sebbene femminile sia la parte di sopra: ma della cintura si piacciono gli Dei; del resto i diavoli. V’è un inferno; e tenebre; è una fossa di zolfo ardente, avvampante, fetida, voratrice... Vitupero, vergogna! Oh! oh! oh! Dammi un’oncia di zibetto, buono speziale, per addolcire la mia immaginazione; qui v’è una moneta per te.
Gloc. Ah! lasciatemi baciar questa mano.
Lear. Permetti pria ch’io la terga; sente odor di morto.
Gloc. Oh ruina fatale di sì bell’opera di natura! Questo gran mondo egualmente tornerà al nulla. — Mi conosci tu?
Lear. Ricordo i tuoi occhi. Ma bieco mi guati? Infierisci a tuo