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68 il re lear


Gon. Oh vano stolto!

Alb. Essere abbietto, e decaduto dalla tua prima natura, in nome della vergogna, vela i tuoi lineamenti mostruosi. Se lecito mi fosse il lasciar seguire alla mano il movimento del mio sangue, vorrei farti in brani. Ma sebbene un mostro tu sia, la tua forma di donna vale a salvarti.

Gon. In verità, che ora siete coraggioso! (entra un messaggiere)

Alb. Quali novelle?

Mess. Oh mio buon signore, il duca di Cornovaglia è morto, ucciso da uno de’ suoi domestici mentre andava a strappare il secondo occhio di Glocester!

Alb. Il secondo occhio di Glocester!

Mess. Un servitore, compreso di sdegno, volle opporsi al suo disegno, e rivolse la spada contro il petto del suo signore, che gli si avventò contro; la duchessa soccorse il suo sposo, e lo sciagurato cadde morto fra di loro. Ma il duca avea ricevuto una ferita mortale, che l’ha fatto scendere nel sepolcro.

Alb. Questo prova che voi dunque esistete, giudici invisibili, che sì prontamente vendicate i delitti che gli uomini commettono sulla terra. Ma, oh sfortunato Glocester! un occhio ei dunque perde?

Mess. Entrambi, entrambi, milord. — Questa lettera, signora, esige una risposta subito; è di vostra sorella.

Gon. (a parte) Per un lato amo ciò.... ma mia sorella, fatta vedova, sposando il mio Glocester che ora sta con lei, può far crollare sopra il mio capo tutto l’edificio che colla mente innalzai... in altro modo considerando, non mi sembra spiacevole l’avvenimento... Leggerò la lettera, e risponderò. (esce)

Alb. Dov’era suo figlio quando l’acciecarono?

Mess. Erasi recato qui colla duchessa.

Alb. Ma qui non è.

Mess. No, mio buon signore; lo incontrai venendo.

Alb. Conosce egli il delitto?

Mess. Sì, milord; e fu esso che denunziò il colpevole: nè si allontanò dalla sua dimora che per lasciare più libero corso al supplizio di suo padre.

Alb. Oh Glocester! io vivo per ringraziarti dell’amore che hai portato al re, e per vendicarti. Vieni, amico, vieni ad istruirmi di tutto ciò che t’è noto. (escono)