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ATTO QUINTO 365


Al. Oui; che le lìngue degli uomini son piene d’inganni; così intende la principessa.

Enr. La principessa è la migliore delle Inglesi. In fede mia, il mio modo di farti la corte, mia Caterina, è conforme alla poca cognizione che hai della mia lingua. Son ben lieto che non sappi parlar inglese; perocchè se lo sapessi mi troveresti così inelegante re, che crederesti che avessi venduto un podere per acquistare una corona. Non so quali siano i mezzi dell’amore; ma direttamente vi dico, che io vi amo: e se mi stimolate sopra tale soggetto, non saprò come andare più innanzi. Datemi la vostra risposta; in fede datemela; e nel medesimo tempo stringiamoci la mano come patto conchiuso. — Che ne dite, signora?

Cat. Sauf votre honneur, mi pare d’intendervi bene.

Enr. In verità, se esigeste da me che vi facessi versi, o danzassi per amor vostro, mi ridurreste a tristo partito; perocchè per gli uni non ho nè parole, nè misura; per l’altro nè misura, nè cadenza. Se dovessi ottenere il cuore di una donna saltando in sella colla corazza sul dorso, mi sarebbe facile il conquisto. Se dovessi combattere per un’amante, o far caracollare il mio corridore, niuno, sia detto senza vanagloria, potrebbe superarmi; ma, sul mio Dio! bella Caterina, ignoro Parte dell’amoreggiare; e non so porre alcuna grazia nelle mie dichiarazioni: proferire non so che aperti giuramenti, a cui non mi induco che forzato, ma che niuno mai potrà costringermi a violare. Se tu ti senti atta, cara Caterina, ad amare un cavaliere di tal tempra, il cui volto adusto mai non si riflette in uno specchio; con un colpo d’occhio rendimelo palese. Io ti parlo da soldato: se questa libertà ti piace, accettami; se no, dicendoti ch’io morirò, dirò cosa che si avvererà un giorno, non ora, perchè, quantunque io t’ami, mentirei col dirti che per amore di te verrò meno. Per fin che vivi, Caterina, abbi a mente di eleggerti uno sposo di carattere duro, e senza artificii, perocchè egli solo ti darà tutto quello che ti appartiene, avvegnachè potenza non abbia di fare ad altre la sua corte. Que’ zerbini, la di cui lingua non tace mai, e che tanta arte dimostrano per accalappiare i cuori delle donzelle, banditi sono anche dai loro cuori tosto che la ragione prende il campo. Alla fine che è un bel parlatore? Un pappagallo e nulla più. Cosa sono i versi? Una canzone da strada. Una buona gamba può scapezzarsi, un dorso dritto curvarsi, una barba nera imbianchire, una testa capelluta divenir calva, un volto fresco raggrinzarsi, un occhio vivido appassire; ma un buon cuore, diletta Caterina, vale il sole e la luna, o anzi solo il sole: perchè com’esso tal cuore splende sempre nè muta mai. Se un cuore di tal fatta vuoi, prendi il mio; prendi un soldato, e un re. — Ebbene, che rispondi? Parla liberamente, te ne scongiuro.