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350 | IL RE ENRICO V |
Enr. Tu ritratti il tuo voto, e ciò assai mi piace. Ognuno di voi conosce il suo posto: Dio sia dunque con noi!
(squillo di trombe. — Entra Montjoy)
Mont. Una seconda volta vengo a te, Enrico, per sapere se vuoi pattuire ora il tuo riscatto, prima che alla tua irreparabile ruina sii giunto: l’abisso ti è presso, lo sai, e rimarrai in esso inghiottito. Commosso di pietà, il Contestabile ti prega di avvertire quelli che ti seguono di pentirsi dei falli loro, onde le loro anime, monde d’ogni pecca terrena, possano escir dai loro corpi che cadranno, per corrompervisi, in queste pianure.
Enr. Chi ti ha mandato questa volta?
Mont. Il Contestabile.
Enr. Ti prego, recagli la mia prima risposta: digli che compia la mia ruina e poscia venda le mie ossa. Gran Dio! perchè insultano essi così ad uomini sfortunati? Quegli che un di vendè la pelle del leone, mentre l’animale ancora viveva, rimase ucciso nel volerlo abbattere. Molti di noi, non ne dubito, avranno soltanto tomba in seno alla patria, e spero che il marmo al disopra d’essi attesterà ai secoli venturi l’opera di questo giorno. Coloro che lasceranno le ossa in Francia, morendo da coraggiosi, sebben sepolti nella vostra melma, avranno gloria; il sole verrà a salutarli co’ suoi raggi, e i cadaveri loro per vendetta esalando vapori pestilenziali infetteranno il vostro clima e distruggeranno la Francia. Pensa al valore dei nostri prodi e ai gesti di uomini disperati. — Va, di’ al Contestabile che siamo guerrieri mal vestiti come in dì di lavoro; che il nostro splendore e le nostre armature rimasero offuscate da un faticoso cammino per le vostre terre polverose; digli che non rimane nel nostro esercito, ed è, penso, buona prova che non fuggiremo, una sola penna all’elmo d’un valoroso; digli che il tempo e le opere han logorati i nostri bellici addobbi. Ma, pel Cielo! se siamo poveri, i nostri cuori son doviziosi; e i miei soldati mi promettono che prima di notte saranno forniti di nuove vestimenta, o ridotti avranno i Francesi a non sentir più il benefizio delle loro spoglie. Se attengono la parola, come l’atterranno, la mia liberazione allora sarà facile. Araldo, risparmia le tue opere, non parlarmi più di riscatto: altro da me non se ne otterrà, lo giuro, fuorchè queste membra: e se le avranno nello stato in cui fo assegnamento di lasciarle, ne ritrarranno poco profitto: va a dir ciò al Contestabile.
Mont. Così farò, re Enrico; da te mi accomiato, nè più udrai la voce dell’araldo. (esce)