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ATTO QUARTO | 347 |
SCENA II.
Il campo francese.
Entrano il Delfino, Orléans, Rambures ed altri.
Orl. Il sole indora le nostre armature; andiamo, miei signori.
Del. Montez à cheval: — il mio cavallo! Valet! Lacché! Ah!
Orl. Oh generoso spirito!
Del, Via! — Les eaux, et la terre...
Orl. Rien puis? L’air, et le feu...
Del. Ciel! Cugino Orléans... (entra il contestabile) Ebbene, alto Contestabile!
Con. Udite come i nostri corsieri nitriscono e chiamano i loro signori.
Del. Saliteli, e ferite i loro fianchi, onde il loro sangue spruzzi sugli occhi degl’Inglesi e li spaventi con tanto coraggio. Ah!
Ram. Che! vorrete farli piangere col sangue dei nostri palafreni? Come vedremo allora le loro vere lagrime? (entra un mess.).
Mess. Gl’Inglesi sono ordinati in battaglia; venite, Pari di Francia.
Con. A cavallo, generosi principi! Tosto a cavallo! Gettate soltanto uno sguardo su quelle schiere dimezzate e fameliche, e la presenza del vostro bell’esercito fugherà il resto del loro coraggio, e li muterà in simulacri di soldati. Non giova che ci valiamo di tutti i nostri prodi. Appena rimane al nemico tanto sangue da tingere con divisa d’onore le spade dei nostri Francesi; breve sarà la lotta. Credetelo, miei signori; le inutili ciurme, che si accalcano in tumulto intorno al nostro esercito, basterebbero per disperdere nemico sì debole; e noi potremmo rimanercene al piede della montagna, spettatori oziosi e tranquilli della loro disfatta. Ma l’onore ce lo divieta. Che dirò io di più? Per poco che facciamo, tutto sarà finito. Squillino adunque le trombe, invitino alla battaglia; la nostra carica spargerà tanto terrore fra gl’Inglesi che tosto si arrenderanno (entra Grandpré)
Grand. Perchè indugiate sì a lungo, nobili di Francia? Quelle mummie isolane, scarne e moribonde, figurano assai male ai chiarori del dì. Le loro insegne squarciate sventolano in cenci, e il nostro alito le scuote e le fa ondeggiare. Il feroce Marte perde qui i suoi diritti sul loro esercito estenuato, e non getta su questa pianura che uno sguardo indifferente, traverso alla visiera del rugginoso suo elmo. I loro cavalieri sfiancati sembrano altrettanti candelabri immobili che portino torcie; e i loro grami ca-