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atto terzo | 59 |
Lear. Giudicate prima costei: è Gonerilla. Io giuro qui innanzi all’onorevole consesso, ch’ella diè un calcio al povero re suo padre.
Buff. Avvicinati, matrona; è il nome tuo Gonerilla?
Lear. Non lo può negare.
Buff. Vi chieggo perdono; v’avea presa per uno scanno1.
Lear. E qui ve n’è un’altra, i cui satanici sguardi dicono abbastanza qual cuore ella abbia. Fermatela costà! Armi, armi, spade e fiamme! — La corruzione è qui penetrata! Iniquo giudice, perchè la lasciasti sfuggire?
Edg. Benedizione sui tuoi cinque sensi!
Kent. Oh spettacolo di compassione!..... Signore, dov’è la pazienza che sì spesso vi siete vantato di possedere?
Edg. (a parte) Le lagrime cominciano a sgorgarmi dagli occhi in tanta copia, che tradiranno il mio finto sembiante.
Lear. I piccoli cani e i grandi, Truogo, Bianco e Boncuore2, veh! come latrano incontro a me.
Edg. Tom getterà loro la sua testa..... Via, veltri, sgombrate di qua!..... «La tua bocca sia nera o bianca, i denti tuoi siano velenosi o no allorchè mordono, mastino, levriero, spagnuolo, bracco, o breve-coda, Tom vi farà guaire, e intronar l’orbe, poichè gittandovi la sua testa, fuggir dovrete come anime dannate». Do, de de, de de du, Sessa3. Vieni, cammina a fiere e mercati; povero Tom, il tuo corno è già secco.
Lear. Su, su; alla sezione del cadavere di Regana: vediamo cosa stia intorno al cuore di costei. V’è qualche causa in natura, che faccia cuori di macigno? — Voi, signore, (a Edg.) sarete posto da me nel numero de’ miei cento: solo non amo il vestir vostro. Voi mi direte forse, che è l’abito persiano: lo so; ma desidero che lo mutiate.
Kent. Ora, mio buon signore, adagiatevi e riposate un poco.
Lear. Non fare strepito, non fare strepito; tira le cortine. Così, così, così: ceneremo dimani all’alba. Così, così, così.
Buff. E io andrò a letto a mezzogiorno. (rientra Glocester)
Gloc. Vieni qui, amico, dov’è il re mio signore?
Kent. Costà, milord; ma nol turbate; la sua ragione è smarrita.
Gloc. Buono amico, te ne scongiuro, prendilo fra le tue braccia: