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320 IL RE ENRICO V

mietava la più bella gioventù che Dio e la Francia avessero data al mondo in venti anni. Questo Enrico è un rampollo di quella pianta vigorosa: temiamo la sua forza nativa e i suoi alti destini. (entra un messaggiere)

Mess. Gli ambasciadori di Enrico, re d’Inghilterra, chieggono udienza a Vostra Maestà.

Re. L’abbiano. Andate e introduceteli. (esce il mess. con alcuni signori) Voi vedete, miei amici, con qual ardore è seguìta questa caccia.

Del. Volgete il capo e ne fermerete il corso. I cani più vili mandano i loro più clamorosi latrati, allorchè la preda, che intendono a minacciare, corre lungi da loro. Mio rispettabile sovrano, domate tosto questi Inglesi, onde imparino di quale monarchia siete capo. Un eccesso di presunzione, mio principe, non è difetto sì vile, sì pericoloso come lo è un basso disprezzo di sè. (rientrano i signori con Exeter e il seguito)

Re. Venite per parte del nostro fratello d’Inghilterra?

Ex. Sì; ed ecco il saluto ch’egli indirizza a Vostra Maestà. Ei vi chiede, in nome di Dio, di deporre questo scettro, che per dritto a lui solo appartiene; vi esorta a rendergli questa corona, dovuta soltanto ai suoi figli. E perchè siate fatto accorto che non è una inchiesta ingiusta e temeraria, ricavata da statuti logori e da trattati avvolti fra le tenebre dei secoli, vi manda quest’albero genealogico di cui ogni ramo chiarisce una discendenza certa e dimostrata. (dandogli un foglio) Ei vi prega di gettar gli occhi su questa pianta, e dopo che avrete veduto ch’ei discende direttamente dal più famoso de’ suoi grandi antenati, da Eduardo III, v’ingiunge di scender tosto da questo trono, che avete usurpato a lui, che ne è il vero possessore.

Re. E non aderendo io, che avverrà?

Ex. Una guerra sanguinosa che vi costringerà a farlo; perocchè quand’anche nascondeste la sua corona nelle pieghe più recondite del vostro cuore, ei saprebbe trovarla: per tal fine si avanza guidando con sè le tempeste, come un Dio circondato da folgori e uragani. Se la sua pacifica inchiesta non è ascoltata, viene egli stesso a corroborarla coll’armi. Ei vi comanda in nome dell’Eterno di dargli la sua corona e di commiserare a tutte le infelici vittime che il mostro insaziabile della guerra minaccia di distruggere; ei ricaccia sopra di voi le lagrime delle vedove, i gridi degli orfanelli, il sangue del popolo, i gemiti delle vergini, che vi chiederanno de’ loro sposi, de’ loro padri, de’ loro fratelli immolati in questa contesa fatale. Questa è la sua dimanda, la