Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/68


atto terzo 57


SCENA V.

Una stanza nel castello di Glocester.

Entrano Cornovaglia e Edmondo.

Corn. Voglio vendicarmi anzi ch’io mi diparta di sua casa.

Edm. Oh, signore, io sarò biasimato per aver fatto tacere le voci della natura innanzi a quelle della fedeltà. Questo pensiero mi turba.

Corn. Veggo ora che non era del tutto malvagità in vostro fratello il volere la sua morte. Certo le sue virtù spregiate lo indossero al reo concepimento.

Edm. Quanto crudele è la mia fortuna, che mi fa provar rimorso di esser giusto! Quest’è la lettera di cui egli parlava, che lo mostra indettato colla Francia per soccorrerla. Oh cielo! vero non fosse un tale tradimento, o non ne fossi io almeno il delatore!

Corn. Vien meco dalla duchessa.

Edm. Se le cose di cui parla questo foglio non sono mendaci, alte bisogne gravitano sopra di voi.

Corn. Vere o false, esse ti fan conte di Glocester. Cerca dove è tuo padre, onde possiamo assicurarci di lui.

Edm. (a parte) Se lo trovo ad assistere il re ciò afforzerà i sospetti. — (ad alta voce) Continuerò ad esservi fedele, sebbene sia tremendo il conflitto che debbo sostenere fra voi e il mio sangue.

Corn. Mi fido di te; e tu troverai un padre più caro nel mio amore.     (escono)

SCENA VI.

La stanza di una cascina attigua al castello.

Entrano Glocester, Lear, Kent, il Buffone e Edgardo.

Gloc. Qui si sta meglio che all’aperto; accettate ciò riconoscenti. Cercherò d’aggiungere ora tutti quei soccorsi che potrò, nè rimarrò molto assente.

Kent. Tutte le sue potenze intellettive han ceduto il luogo alla sua impazienza..... Gli Dei vi ricompensino della vostra bontà.

(Glocester esce)

Edg. Frateretto mi chiama, e dice che Nero sta ora pescando