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56 | il re lear |
di chiudere le porte, e di lasciarvi soggetti a questa terribile bufera; nondimeno mi sono avventurato a venire in traccia di voi, per guidarvi in parte dove stanno ammanniti e vitto e fuoco.
Lear. Prima lasciatemi parlare con questo filosofo. Qual’è la causa del tuono?
Kent. Buon signore, accettate la sua offerta; andate a riposarvi.
Lear. Dirò anche una parola con questo dotto Tebano. Qual è lo studio vostro?
Edg. Quello di prevenire il demonio, e di uccidere i vermi.
Lear. Permettetemi di avvertirvi di una cosa in segreto.
Kent. Pregatelo di venire con voi, milord. (a Gloc.) La sua ragione comincia a vacillare.
Gloc. Puoi tu biasimarlo? Le sue figlie vogliono la sua morte... Ah quel buon Kent!... ei ben previde che le cose sarebbero riuscite così... Povero bandito!... Tu dici che il re perde la ragione? Io ti dico, amico, che io pure quasi impazzii... Aveva un figlio... ora è reietto dal mio sangue... egli attentava alla mia vita... e in questi ultimi dì cercò di uccidermi. Io l’amava, mio amico... non mai padre ebbe più cara la sua prole... e, a vero dirti (la tempesta continua), il dolore mi offuscò la mente. Qual notte è mai questa! Io ve ne supplico, signore...
Lear. Oh! vi chieggo perdono, nobile filosofo; la vostra compagnia... (a Edg.)
Edg. Tom gela di freddo.
Gloc. Entra nella capanna, amico; ivi ti riscalda.
Lear. Venite; entriamo tutti.
Kent. Per questa via, milord.
Lear. Con lui; voglio tener sempre con me il mio filosofo.
Kent. Buon signore, (a Gloc.) compiacetelo; lasciate che con sè adduca quel povero pazzo.
Gloc. Pensate voi stesso a ciò.
Kent. Amico, (a Edg.) vieni con noi.
Lear. Vieni, buon Ateniese.
Gloc. Non grida, non rumori; silenzio.
Edg. «Il cavaliere Orlando andò in una torre tenebrosa, e gridava incessante: Oh! oh! sento l’odore del sangue di un inglese». (escono)