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sul trono, respinge a convenevole distanza i compagni de’ suoi giovanili traviamenti, i quali si ripromettevano grandi cose presso di lui.
Falstaff è il carattere più comico che abbia creato la fertile immaginazione di Shakspeare. Egli introdusse quel personaggio in tre de’ suoi drammi, e lo presentò sotto aspetti sempre nuovi, senza mai esaurirne l’effetto. Quella figura è talmente ben designata e con linee così esatte, che produce tosto nell’animo del lettore l’impressione che fa un antico conoscente. Falstaff è un tristo, ma il più gradito e più lepido uomo che sia mai vissuto. Ciò ch’egli ha di spregevole, non è in nessun modo palliato: è vecchio, ma non per ciò meno dedito alla voluttà e a’ diletti dei sensi; è corpulento fuor di misura, e del continuo attende a satollar l’ingordigia dell’epa; sempre indebitato, e poco scrupoloso sui mezzi di procacciarsi danaro, codardo, ciarliero, millantatore e mendace, pronto a piaggiare i presenti, come a schernire i lontani, egli però non riesce mai odioso. Si vede che le tenere cure che ha per se medesimo, non sono mischiate di malvagità verso gli altri. Quello ch’egli vuole, è di non essere infastidito ne’ suoi diletti materiali, e difende il suo riposo con tutte le armi del suo intelletto, sempre solerte e gaio, sempre apparecchiato a farsi beffe degli altri, e ad essere egli stesso bersaglio degli altrui motteggi; si vanta a ragione di avere uno spirito comunicativo, ed è il miglior compagno di piacere che si possa scegliere. Sotto goffo sembiante, egli ha molto accorgimento, e sa cavarsi a meraviglia d’impaccio, quando i suoi scherzi cominciano a dar noia; non confonde le persone che debbe ossequiare, con quelle presso delle quali può darsi una tal’aria di superiorità; ed è così convinto che il suo modo di vivere non gli potrebbe essere condonato senza i suoi frizzi, che non è mai austero, nè pur verso di se medesimo, e si vale d’espressioni comiche, parlando della sua filosofia sensuale, delle sue relazioni cogli altri, e di tutte le sue abitudini. Non v’ha nulla di più arguto di ciò ch’egli dice nei suoi monologhi sul punto d’onore, sulla gagliardìa che infonde il vino, sugli sciagurati ch’egli arrolò per l’esercito, sul giudice di pace Shallow, ecc. Falstaff ha intorno a sè un’intera corte di piacevoli figure, che risaltano l’una dopo l’altra senza eclissarlo. L’avventura del principe travestito da ladro che gli ruba ciò ch’egli stesso avea rubato, e che sostiene con esso lui la parte ora di re, ora del principe medesimo (diciamo del principe di Galles); il procedere di Falstaff alla guerra, la sua leva di reclute, la protezione che offre al giudice di pace, e che alla fine riesce a lui medesimo così funesta; tutto ciò costituisce una serie di scene caratteristiche d’un genere originalissimo, e che non si possono introdurre che colla forma del dramma storico».
(Schlegel, Corso di Lett. Dramm.)