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NOTA

«... Il contrasto di due giovani eroi, il principe Enrico e Percy, detto Hotspur, sparge gran splendore sulle scene gravi della prima parte dell’Enrico IV. Tutte le amabili e seducenti qualità son date, a dir vero, al principe di Galles; egli si mescola alle triste brigate, senza poterne mai far parte, e tutto ciò che è ignobile gli si appressa senza lederlo. Le sue più folli stravaganze non sembrano che celie del suo spirito attivo, ritenuto suo malgrado nell’ozio. Non appena gli si offre un’occasione che lo riscuote da una tale trascuraggine, che si atteggia con fierezza, e mostra il nobile contegno d’un vero cavaliere. L’inclito valore del giovine Percy si risente per un po’ di rozzezza, d’orgoglio e di puerile ostinazione. Ma tali difetti, che lo traggono a morte immatura, non possono sfigurare la sua nobile imagine. Il suo impetuoso ardore ne trascina seco, e non ci lascia giudicarlo. Shakspeare seppe svolgere con grande sagacità le cagioni che fecero andare a vôto quella terribile sedizione, suscitata contro un principe veramente illegittimo, e che non era amato. Le superstiziose idee che Glendower avea concepite di sè; la debolezza di Mortimero; l’indomita tempra del giovine Percy, sordo a tutti i consigli della prudenza; l’irresolutezza de* suoi vecchi amici; la mancanza di unità ne’ disegni e nella trama de’ ribelli; tutti questi particolari sono trattati con mano maestra.

Dopo che Percy è scomparso dalla scena, lo splendore dell’impresa manca. Restavano ancora alcuni difensori più umili di quella causa: ma Enrico IV li soggiogò colla sua politica, anzichè colle sue geste.

Nella seconda parte dell’Enrico IV, Shakspeare impiega tanta maggior arte a fine di supplire alla mancanza di materia, quanto ch’egli non vuole mai adornare arbitrariamente l’istoria più di quello che richiegga la forma drammatica. Confuse notizie della pugna danno principio al dramma. La profonda impressione che produce la caduta di Percy (eroe il cui nome sembra destinato ad essere il grido di guerra d’una fazione ribelle), rende necessaria in quel giovine una parte attiva nelle cose pubbliche anche dopo la sua morte. Il poeta negli ultimi atti c’intrattiene coi rimorsi del re infermo, e colle sue inquietudini sulla ribellione di suo figlio. Il colloquio ch’egli ha con lui, e la loro riconciliazione son tema di alcune scene mirabili. Tuttavia ciò non sarebbe bastato a riempiere il disegno della composizione, se questi gravi avvenimenti non fossero stati interrotti da una specie di commedia che attraversa le due parti del dramma, arricchendosi di tratto in tratto di nuovi personaggi. Tale commedia ha pure la sua catastrofe nell’insieme dell’azione, quando Enrico V, salito