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ATTO QUINTO 291


Vall. Venite, venite dame di un cavaliere errante.

Ost. Oh, la furfanteria dovrà così sopraffar la virtù! Ma dal dolore nasce la gioia.

Doll. Animo, perverso, menatemi dal giudice.

Ost. Sì, dal giudice, affamato cane.

Doll. Benefica morte, benefiche ossa dei trapassati!

Ost. Iniquo, iniquo!

Doll. Animo, avanti, scellerato!

Vall. Bene sta, andiamo. (escono)

SCENA V.

Una piazza pubblica vicino all’abbazia di Westminster.

Entrano due palafrenieri spargendo giunchi.

Pal. Altri giunchi, altri ancora.

Pal. Le trombe squillarono due volte.

Pal. Passeran due ore primachè ritornino dall’incoronazione. Spicciati, spicciati. (escono; entrano Falstaff, Shallow, Pistol, Bardolfo e il Paggio)

Fal. Statemi qui vicino, messer Roberto Shallow; vi farò ricevere bene dal re, lo guarderò di traverso quando passa e vedrete con qual favore mi risponderà.

Pist. Iddio benedica i tuoi polmoni, ottimo cavaliere.

Fal. Vien qui, Pistol; stammi dietro. — Oh! se avessi avuto il tempo di fare nuovi abiti, avrei voluto spenderci le mille sterline che presi in prestito da voi (a Shall.) Ma non vale; questi miseri abbigliamenti faran più effetto, chiariranno lo zelo che ebbi di vederlo.

Shall. Così faranno.

Fal. E mostreranno la schiettezza della mia affezione.

Shall. Sì, senza dubbio.

Fal. E il tenero amor mio.

Shall. Sì, sì, sì.

Fal. Questo prova che ho corso giorno e notte, e che non ebbi pazienza per deliberare, per rammentare, per pensare a nulla.

Shall. Certo, certo.

Fal. E venir qui tutto sconcio del viaggio, tutto sudato dal desiderio di vederlo, non pensando ad altro, mettendo ogni altra cosa in oblìo, come se non vi fosse nulla a questo mondo fuorchè mirarlo...