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288 ENRICO IV

le donne son fatali, sian grandi o piccole: l’allegria è nella sala, allorchè le barbe se ne dipartono, la gioia del carnevale è sempre viva; allegri, allegri».

Fal. Non avrei creduto che messer Silenzio fosse uomo di sì buon umore.

Sil Chi, io? Son stato di tal tempra più volte anche prima di adesso. (rientra Davy)

Dav. Ecco un piatto di pomi per voi.

(ponendolo dinanzi a Bardolfo)

Shall. Dayy.....

Dav. Che dice Vossignoria? — Verrò frappoco (a Bard.) Una tazza di vino, signore?

Sil. (cantando) «Una tazza di vino chiaro e giocondo, e lo berrò alla mia amanza: un lieto cuore vive gran tempo...»

Fal. Ben detto, messer Silenzio.

Sil. Allorchè si sta lieti, la notte giunge e reca le sue dolci ore.

Fal. Salute, e lunga vita a voi, messer Silenzio.

Sil. (cantando) «Empite la tazza e datela a me; vi faro ragione fino al fondo della botte...»

Shall. Questo Bardolfo sia il ben venuto: se hai necessità di qualche cosa e non la chiedi, dannazione a te. — Benvenuto mio piccolo e aggraziato ladro (al Paggio), benvenuto con tutta l’anima. — Bevo a messer Bardolfo, e a tutti gli uomini gioviali che stanno in Londra.

Dav. Spero di veder Londra una volta prima di morire.

Bard. Se avrò il piacere d’incontrarvi colà, Davy...

Shall. Per la messa! vi beverete una bottiglia insieme. Non è vero, messer Bardolfo?

Bard. Sì, ed anche un fiasco.

Shall. Ti ringrazio. Il furfante si appiccherà ai tuoi fianchi, posso assicurartelo: ei non si scosterà; è di buona razza.

Bard. Ed anch’io mi attaccherò a lui, signore.

Shall. Ah già parla da re. Nulla vi manchi: statevi lieti (si ode battere) Guardate chi è alla porta. Olà! Chi batte?

(Davy esce)

Fal. In verità mi avete fatto ragione.

(a Silenzio che ha vuotato una tazza)

Sil. (cantando) «Fammi ragione, e fammi cavaliere, Samingo mio». Non è vero?

Fal. Verissimo.

Sil. Va bene? Confessate dunque che un vecchio è buono a qualcosa. (rientra Davy)