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286 ENRICO IV

difende la pace e la sicurezza della vostra persona: e più ancora, soffrite ch’egli insulti alla vostra augusta imagine, che schermisca i vostri ordini eseguiti da un vostro ufficiale. Interrogate i vostri pensieri di re; ponetevi in tal disamina; siate oggi il padre, e rappresentatevi un figlio che ha vilipeso contanto la vostra dignità, che ha trattate con sì profondo disprezzo le vostre rispettabili leggi; poscia supponete ch’io compia la vostra parte; che in nome vostro io imponga, come ho fatto, silenzio al figliuol vostro: meditate su di ciò senza collera, e quindi giudicate. Re, decidete come si addice a un re: e ditemi che cosa ho commesso che derogasse all’autorità della mia carica, della mia persona o alla maestà del mio sovrano?

R. Enr. Faceste il vostro dovere giudice, e le vostre parole son piene di saviezza. Perciò continuate a tenere la bilancia e la spada, e possiate, innalzandovi di giorno in giorno a più grandi onori, vivere abbastanza per vedere un figlio mio oltraggiarvi e obbedirvi come io ho fatto. Così io pure possa vivere, onde ripetergli le parole di mio padre: «godo di avere un magistrato e tanto coraggioso da osare far giustizia anche di mio figlio: e del pari godo di avere un figlio che si sottomette senza resistenza ai decreti di un magistrato». — Voi mi avete fatto imprigionare, ed è perciò che lascio fra le vostre mani la spada immacolata di cui aveste l’uso, e che vi prego d’adoprare colla stessa fermezza, giustizia e imparzialità con cui meco l’adopraste. Eccovi la mia mano. Voi sarete un secondo padre alla mia giovinezza; la mia voce non sarà che l’eco dei vostri preziosi consigli: cieco discepolo, io sommetterò, con una docilità senza riserva, le mie risoluzioni alla vostra esperienza e ai vostri precetti. — E voi tutti principi miei fratelli, credete alla verità di quello che qui dichiaro. Mio padre ha portato con so tutti i miei fiatili; tutte le stemperate passioni di mia giovinezza son morte con lui e sepolte nella sua tomba. La sua anima sola e la sua ragione son rimaste e sopravvivono in me per deludere l’aspettativa e le congetture del mondo, per smentire le predizioni fatte sul mio conto, per cancellare fino la memoria dell’opinione ingiuriosa che ha creato il mio ritratto, prendendo norma da quello ch’io sembravo. Il sangue bollente di mia adolescenza ha seguito fin qui un corso irregolare; ma per l’avvenire, come fiume che rientrato nel suo letto scorre maestoso verso l’oceano, e si unisce agli altri fiumi, più savie leggi seguirà; alcuna follìa non offuscherà la gloria di questo trono. Convochiamo ora la nostra corte suprema del parlamento, ed eleggiamo per membri del