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284 | ENRICO IV |
SCENA II.
Westminster. — Una stanza nel palazzo.
Entrano Warwick, e il Lord capo della giustizia.
War. Ebbene, milord, dove dirizzate il passo?
Lord. Come sta il re?
War. Profondamente bene: i suoi mali sono ora tutti terminati.
Lord. Non è già morto?
War. Ha pagato il tributo di natura; per noi non vive più.
Lord. Avrei, voluto che Sua Maestà m’avesse chiamato seco: lo zelo integro, col quale l’ho servito durante la sua vita, mi lascia esposto a tutti gli attacchi della malevolenza.
War. Infatti, credo che il giovine sovrano non vi ami.
Lord. Lo so, e perciò mi armo di coraggio per sostenere con fermezza i nuovi tempi, che non possono minacciarmi di caduta più spaventevole di quella che la mia fantasia raffigura.
(entrano i principi del sangue, Westmoreland ed altri)
War. Vengono abbrunati i figli del morto Enrico: oh piacesse al Cielo che l’Enrico vivo avesse almeno la tempra del meno nobile di quei giovani! Quanti conserverebbero quegli impieghi che vedremo in breve commessi alle mani più abiette!
Lord. Oimè! io pur temo che tutto non vada sconvolta.
Gio. Buon giorno, cugino Warwick.
Hum. e Clar. Buon giorno, cugino.
Gio. Noi v’incontriamo come uomini che han dimenticato l’uso della parola.
War. Non così noi; ma il nostro argomento è pur troppo tristo per ammettere lungo discorso.
Gio. Pace sia con lui che ne lasciò così mesti.
Lord. Pace sia con noi, onde più mesti ancora non diveniamo!
Hum. Mio buon lord, voi avete infatti perduto un amico; e giurerei che è vero il dolore che mostrate; sì vero interamente è il vostro dolore.
Gio. Quantunque nessun uomo di questo regno possa sapere qual sarà la sua sorte, voi siete nondimeno quegli che ha il meno da sperare. Io ne sono dolente, e vorrei non fosse così.
Clar. Conviene parliate con riguardo di sir Giovanni Falstaff, che controbilancia ora tutte le buone qualità.
Lord. Amabili principi, ciò ch’io feci, lo feci per onore, spin-