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280 | ENRICO IV |
sto, andran sepolti con me nella terra. Ella non è sembrata in me che un onore strappato con violenza da mani imprudenti; e circondato ero sempre da testimoni rivi, che mi rimproveravano di non averla ottenuta che mercè loro; onde nascevano ogni di soggetti di contestazioni funeste. Mestieri era allora sempre lo sparger sangue e turbare una instabile pace; ed io spregiai e sostenni, lo vedi, con mio gran rischio, lotta sì ardita e terribile. Tutto il mio regno non fu a così dire che una scena in cui si dibattè sempre la maggiore delle liti; ma oggi la mia morte cambia le cose. Questa corona ch’io divelsi per forza, scende su di te con dritto più sacro e più legittimo; tu ricevi e porti il diadema in virtù di un titolo ereditario. Nondimeno, quantunque tu sia più sicuro sul trono ch’io non potei esserlo, non potrai regnare con sicurezza perfetta. Le piaghe gettano ancora sangue; i miei nemici, che devono divenire i tuoi, han perduto solo da breve il loro potere di nuocere; io poteva temere che quelli, le di cui illecite trasse m’aveano un tempo portato al trono, non me ne precipitassero; e per evitare tal destino, distrussi gli uni, e formato avea il disegno di guidar gli altri a Gerusalemme, onde il riposo e l’ozio della pace non desser loro volontà di esaminar troppo da presso la mia grandezza e le mie forze. Rammenta dunque, mio Enrico, questo consiglio; pensa ad intrattenete con guerre straniere gli spiriti inquieti e bollenti, onde spargere lungi da questo regno il fuoco di cui son pieni, e far perder loro la memoria dei tempi trascorsi. — Vorrei parlarti ancora; ma le mie forze languono... nè mi rimane più lena, e la voce si rifiuta all’ufficio delle parole... Gran Dio, perdonami le opere che mi condussero al soglio, e fa che mio figlio possa goderne in pace!
P. Enr. Mio amato sovrano, voi saliste su di esso e lo difendeste, e a me ora lo lasciata. Il mio possesso deve dunque esserne legittimo e placido, ed io lo saprò mantener contro gli sforzi di tutti. (entrano il principe Giovanni di Lancastro, Warwick, lordi ed altri)
Enr. Mirate, mirate viene il mio figlio Giovanni.
Gio. Salute, pace e felicità al mio real padre!
Enr. Tu mi arrechi felicità e pace, figlio mio, ma la salute, oimè! con ala giovanile è fuggita da questo nudo e sterile tronco: tu il vedi, le mie cure di questo mondo toccano al loro termina — Dov’è milord di Warwick?
P. Enr. Milord di Warwick?
Enr. Ha alcun nome particolare la stanza dove io svenni non ha molto?