Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/637

276 ENRICO IV


Humf. Questo colpo terminerà sicuramente i suoi dì.

Enr. Vi prego, sollevatemi e portatemi in qualche altra stanza: dolcemente, ve ne prego. (il re vien portato nella parte interna della camera e posto sopra un letto) Fate che non s’oda alcun rumore, miei gentili amici; a meno che qualche pietosa mano soccorritrice non voglia ricreare i miei stanchi spiriti con un po’ di musica.

War. Olà! si formi un concerto nell’altra stanza.

Enr. Ponete la mia corona, qui sul mio guanciale.

Clar. Il suo sguardo è profondo, e cangia ad ogn’istante.

Humf. Tacete, tacete.               (entra il principe Enrico)

P. Enr. Chi vide il duca di Clarenza?

Clar. Son qui, fratello, colmo di tristezza.

P. Enr. Perchè? questo palagio è pieno di guai senza che nulla se ne sappia al di fuori! Come sta il re?

Humf. Eccessivamente male.

P. Enr. Sa egli la buona novella? Ditegliene tosto.

Humf. Egli appunto decadde tanto udendola.

P. Enr. Se il suo male procede da un impeto di gioia, risanerà senza medico.

War. Non tanto romore, miei lórdi! Dolce principe, parlate sommesso, il re vostro padre è disposto al sonno.

Clar. Ritiriamoci nell’altra stanza.

War. Vuole Vostra Grazia venir con noi?

P. Enr. No; io mi assiderò qui, e veglierò accanto al re. (escono tutti tranne il P. Enr.) Perchè posa sul suo origliere quella corona, poichè gli riesce sì infesta compagna di letto? Oh splendido oggetto, quante cure e quante noie mi asconde il tuo fulgido oro! Quante volte tu tieni le porte del sonno aperte tutta la notte all’inquietudine e alle ambascie! Tu dormi con essa ora! Ah non mai il tuo riposo sarà sì dolce e sì sereno, come quello dell’uomo che, colla fronte cinta dai cenci dell’indigenza, empie la notte col rumore del profondo suo sonno! Oh maestà, quando tu pesi sopra colui che ti porta, rassomigli a ricca e grave armatura, che, riscaldata dagli ardori dell’estate, brucia l’uomo che difende. — Poniamo dinanzi alla sua bocca una piuma... Io mossa non la veggo in alcuna guisa del suo alito! S’ei respirasse, essa se ne risentirebbe.... Mio grazioso sovrano! Mio padre!... Profondo è bene questo sonno! Oh è un sonno che fa cader per sempre dalla fronte di molti re d’Inghilterra questo cerchietto dorato. — Mio padre, io ti debbo un mar di lagrime, e i dolorosi e sinceri gemiti che la natura e la tenerezza filiale impongono verso