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ATTO SECONDO 243


SCENA IV.

Londra. — Una stanza nella taverna della Testa del Cinghiale in Eastcheap.

Entrano due Garzoni.

Gar. Vedi se sai scoprire dove Sneake si nasconde; perocchè mistress Doll-Tear-Sheet udrebbe volentieri un po’ di musica. Spicciati: fa un gran caldo nella camera in cui cenano, e fra poco passeranno in questa.

Gar. Ribaldo, sai tu che il principe verrà qui fra poco con mister Poins, e ch’essi indosseranno i nostri abiti, senza che ciò venga a notizia di sir Giovanni? Bardolfo venne a dircelo.

Gar. Oh vi sarà una gran festa! per la messa! sarà un bel stratagemma.

Gar. Vo in traccia di Sneake. (esce; entrano l’Ostessa e Doll-Tear-Sheet)

Ost. In fede, dolce cuore, parmi ora che siate in un’eccellente temperatura. I vostri polsi battono così straordinariamente quanto il cuore potrebbe desiderarlo, e il vostro colore è purpureo come quello di una rosa. Ma, sull’anima mia, avete bevuto troppa Canarie; ed è un vino assai penetrante e che profuma il sangue prima che si possa dire: Che è ciò? — Come state ora?

Doll. Molto meglio di prima. Hem!

Ost. Ben detto: un buon cuore val tant’oro di coppella. Mirate, s’avanza sir Giovanni.      (entra Falstaff cantando)

Fal. Quando Arturo apparve in corte... era allora un degno re. Come va, mistress Doll?

Ost. Inferma per troppa salute: sì, in verità.

Fal. Così è tutto il suo sesso; il ben essere le uccide.

Doll. È questo, malandrino, l’augurio che mi fate?

Ost. Pel Cielo, sempre così; non potete stare insieme senza contendere. Siete entrambi dispettosi come due fiaschi vuoti.

Doll. Ebbene, saremo amici, Giovanni: tu vai alla guerra, e se io ti rivedrò o no, è cosa di cui niuno si cura.

(entra un garzone)

Gar. Signore, l’alfiere Pistoll chiede di parlarvi.

Doll. Il diavolo lo porti! Fate che non venga qui: è la lingua più maledica che sia in Inghilterra.

Ost. Se è maledico, non deve entrare: no, in fede mia; convien ch’io viva in pace co’ miei vicini, e non vuo’ maldicenti: io