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ATTO SECONDO | 237 |
Fal. Milord!
Lord. Ebbene?
Fal. Messer Gower, ardirò io invitarvi a pranzo?
Gow. Convien ch’io vada con questo buon signore: vi ringrazio, caro sir Giovanni.
Lord. Sir Giovanni, voi indugiate qui troppo, dovendo, come sapete, prender con voi, lungo la via, gli uomini che dovete comandare.
Fal. Volete cenar con me, messer Gower?
Lord. Qual idiota maestro v’insegnò tal maniera di procedere, sir Giovanni?
Fal. Messer Gower, se ciò mal si addice, fu pazzo quello che mi educò. Questo si chiama schernire, milord; colpo per colpo e partita pari.
Lord. Iddio t’illumini! Sei un gran folle. (escono)
SCENA II.
La stessa. — Un’altra strada.
Entrano il principe Enrico e Poins.
P. Enr. Credetemi sono assai stanco.
Poins. È egli vero? Avrei pensato che la stanchezza non ardisse aggravarsi sopra persona sì eminente.
P. Enr. In fede, lo fa; sebbene mi sia d’onta il convenirne. E non mi avvilisce egualmente ancora questo mio desiderio incessante di bere birra?
Poins. Oh, un principe non dovrebbe avere la debolezza di ricordarsi di così povera bevanda.
P. Enr. E’ pare che i miei appetiti non siano molto regii; perocchè, in verità, mi accade ora di risovvenirmi con amore di quella povera birra. Tali pensieri umilianti mi farebbero quasi avverso alla mia grandezza. Qual vergogna non è per me il rammentarmi del tuo nome? o il riconoscerti dimani? o il sapere quante paia di calze di seta hai; cioè queste e l’altre colore di pesca? o l’avere a mente l’inventario delle tue camicie, che si compone di una che porti e di un’altra di uso superfluo? Ma intorno a ciò, la è bisogna pertinente al maestro di palla: chè egli ne sa il conto meglio di me; perocchè convien che tu sia posto ben giù, allorchè te ne stai scioperato, e ciò perchè è piaciuto al resto dei tuoi paesi bassi d’acconciarsi in guisa da divorare la tua Olanda. Dio sa se quelli che narrano tante storie