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ATTO SECONDO 235


Fal. Qual è la gran somma che ti debbo?

Ost. In verità, se fossi un uomo onesto, mi dovresti te stesso non che il tuo denaro. Tu mi giurasti sopra una tazza dorata, seduto nella mia camera del Delfino alla tavola rotonda, accanto ad un buon fuoco, il mercoledì della settimana della Pentecoste, il giorno stesso in cui il principe ti ruppe la testa, per aver paragonato il re suo padre ad un giullare di Windsor; mi giurasti allora, mentre io lavava la tua ferita, di sposarmi e di far di me miledi tua moglie. Puoi tu negarlo? Non giunse in quel momento la buona donna Keeck, la moglie del beccaio, che mi chiamò col nome di comare Quickly, soggiungendo poscia che le prestassi un po’ d’aceto, e dicendo che aveva un buon piatto di locuste, tanto che ti venne voglia di mangiarne; se non che io ti feci notare che ciò avrebbe nociuto alla tua ferita? E discesa ch’essa fu dalle scale, non mi consigliasti tu a non usar più tanta familiarità col minuto popolo, avvegnachè fra non molto sarei stata chiamata madama? E non mi baciasti ancora in quella circostanza, pregandomi di trovare trenta scellini? Io ti richiamo i tuoi sacramenti; niegali se puoi.

Fal. Milord, questa povera anima è impazzata, e va spargendo per la città, che il suo figlio maggiore somiglia a voi: le sue circostanze furono ottime in altri tempi, ora la povertà le ha tolto il cervello. Ma quanto a questi indegni ufficiali, io vi supplico perchè io abbia da essi soddisfazione.

Lord. Sir Giovanni, sir Giovanni, sono bene istrutto della vostra maniera di far sembrare cattiva una buona causa. Non è una fronte armata d’audacia, nè il torrente di parole, che esce dalla vostra bocca con tanta impudenza, che mi possono abbagliare. Io so che avete approfittato della debolezza di questa donna, per usarne a vostro talento in tutti i sensi della parola.

Ost. Sì, è vero, milord.

Lord. Te ne prego, taci. — Pagatele quello che le dovete, e riparate all’ingiuria che le avete fatta; l’uno potete con buone sterline, l’altro col pentimento.

Fal. Milord, non soffrirò senza rispondere a tali rimproveri. Voi chiamate un’onorevole audacia impudente insolenza: se un uomo vi s’inchina e non dice nulla, egli è virtuoso. No, milord, senza obliare quel che io vi debbo, vi dichiaro che non compierò qui la parte del cortigiano; e dico che vuo’ esser libero di questi ufficiali, incaricato come sono di messaggi del re.

Lord. Voi parlate come uomo autorizzato al mal fare: ma rispondete alle vostre accuse e soddisfate questa povera donna.