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ATTO PRIMO | 229 |
turare ad ogn’incontro quel po’ di bene che abbiamo. Pel Cielo! Se io risulto così vecchio dal vostro computamento, dovreste accordarmi dunque un po’ di riposo. Vorrei bene; e Dio m’ascolti! che il mio nome non fosse tanto terribile al nemico come è. Preferirei mille volte piuttosto esser corroso dalla ruggine fino al midollo, che vedermi così logorare e venire al nulla per un’operosità perpetua.
Lord. Su, via, siate onest’uomo, siate onest’uomo: e Iddio benedica la vostra spedizione.
Fal. Vuole Vossignoria prestarmi mille lire per provvedere ai miei bisogni?
Lord. Neppure uno scellino, neppure uno scellino; voi siete troppo impaziente di portar le croci1. Addio: raccomandatemi al mio cugino di Westmoreland. (esce col seg.)
Fal. Se lo fo, vuo’ essere trattato a colpi di spranga. L’uomo non può separare la vecchiezza dall’avarizia, come dividersi non può dall’amore, allorchè è giovine e vigoroso: ma la gotta s’impossessa dell’uno, e la sifilide dell’altro; è ciò che mi dispensa dal maledirli tutti e due. — Fanciullo!....
Pag. Signore?
Fal. Quanto denaro è nella mia borsa?
Pag. Sette croci e due scellini.
Fal. Non so trovar riparo a questa asfissia della borsa: pigliar a prestito differisce soltanto quel male che per se stesso è incurabile. Va, reca questa lettera a milord di Lancastro; questa al principe; questa al conte di Westmoreland, e questa alla mia antica amante Orsola, cui giurai di sposare, allorchè m’avvidi del primo pelo bianco che spuntava sulle mie gote. Va; già sai dove trovarmi. (il paggio esce) Peste alla gotta! oppure gotta alla peste! perocchè l’una o l’altra la fa da ribalda col pollice del mio piede. Non vale se zoppico; le guerre scuseranno il mio cattivo colore, e la mia pensione non sembrerà che più ragionevole. Un buono spirito trae partito da tutto; io saprò rendere lucrose anche le infermità. (esce)
- ↑ Equivoco sopra altra moneta di questo nome.