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222 | ENRICO IV |
re è restato vittorioso e manda molte squadre contro di voi, milord, sotto la condotta del giovine Lancastro e di Westmoreland. Queste sono le novelle vere.
Nort. Non mi mancherà tempo per piangere tal disavventura. Nel veleno sta il rimedio. Se avessi posseduta buona salute, questa notizia me l’avrebbe tolta; ora che sono infermo, essa mi rende una specie di vigore. Come il tapino i di cui nervi indeboliti e commossi dalla febbre piegando sotto il peso dei mali, si slancia nell’accesso del suo delirio quasi dardo di fuoco e si scioglie dalle braccia di coloro che lo circondano, così le mie languide membra traggono dall’eccesso delle mie sventure e forza e rabbia. Via da me inutili sostegni. (gettando le gruccie) Ora è una manopola d’acciaio che dee rivestir questa mano. Lungi da me ancora tu, inutile benda, tutela troppo debole di una testa che principi, animati dallo spirito di conquista, intendono di abbattere. E col ferro che convien cingere la mia fronte. L’ora più disastrosa che possono condur i tempi e la vendetta, suoni e minacci Northumberland: il mio furore la disprezza! Oh! il cielo e la terra si confondano; la mano della natura non tenga più l’Oceano impetuoso nei suoi limiti; si spenga l’ordine dell’universo; e sopra questo teatro in cui la discordia langue, e non fa succeder che troppo lente le catastrofi, s’accenda repentinamente l’ira vendicatrice che infiammò l’anima di Caino, onde i cuori di tutti gli uomini sospinti ad atti sanguinosi, guidino rapidamente questo mondo al suo tragico fine, e le tenebre del caos avvolgano la nostra specie annientita!
Trav. Questo impeto violento aggrava il vostro male, milord.
Bar. Nobile conte, non ripudiate la vostra saviezza.
Mor. La vita di tutti i confederati che avete dipende dalla vostra; e se prorompete in questi eccessi, la vostra vita non durerà lungamente. Mio nobile lord, voi vi siete avventurato alle imprese guerresche; ne avete rassegnate tutte le eventualità prima di dire: formiamo un partito. Voi supponeste che vostro figlio dovesse perire nella mischia; sapevate che camminava sull’orlo di un precipizio, in cui era più facile il cadere che il ritrarsene; a voi era noto che ei non era invulnerabile, e che il suo bollente coraggio lo avrebbe fatto avventar sempre nei luoghi in cui più ferveva la battaglia; e nondimeno gli diceste: va. Nessuna di quelle considerazioni, così vivamente presenti alla vostra fantasia, ha potuto distogliervi dall’impresa già statuita. Che dunque è accaduto di straordinario? Che ha prodotto l’audace opera, se non ciò che era probabile producesse?