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atto quinto | 213 |
ed ora mi sobbarco rassegnato a quella sorte, che mi pende sul capo.
Enr. Fate morire costui e Vernon: degli altri colpevoli resti per ora sospesa la sentenza. (escono Wor. e Ver. fra le guardie) Qual è lo stato del campo?
P. Enr. L’illustre Scozzese, lord Douglas, allorchè ha veduto che la fortuna del combattimento si volgeva irreparabilmente contro di lui, che il nobile Percy era morto, che in tutto il suo esercito era entrata la paura, è fuggito col resto delle sue schiere, e cadendo da un colle si è concio in guisa che quelli che lo inseguivano l’han preso. Egli è nella mia tenda; e supplico Vostra Maestà, ond’io possa disporre di lui.
Enr. Con tutto il cuore.
P. Enr. Sarete voi, Lancastro, mio fratello, che riempirete quest’ufficio di generosità. Ite a trovare Douglas, e lasciatelo seguire la sua inclinazione, libero e senza riscatto. Il suo valore, che oggi si è mostrato contro di noi con tanta efficacia, ne ha insegnato ad ammirare le opere generose anche nei nostri nemici.
Enr. Ecco ciò che ci rimane da fare. — Dividiamo il nostro esercito. Voi Lancastro mio figlio, e voi cugino Westmoreland, marcierete verso York, e userete della massima sollecitudine per raggiungere Northumberland e il prelato Scroop, che secondo ciò che ne vien detto già trovansi armati in via. — Io e voi, mio figlio Enrico, andremo nella provincia di Galles per combattervi Glendower e il conte della Marca. — Ancora una vittoria simile a quella d’oggi, e la ribellione perderà tutto il suo impero in questo regno. Dopo inizio si luminoso, non ci riposiamo prima che compiuta non sia la nostra opera, rivendicando tutti i nostri diritti. (escono)
fine della prima parte dell’enrico iv.