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atto quinto | 207 |
giorno periglioso. Ora, speranza e Percy! Marciamo. Fate risuonare tutti gl’istrumenti da guerra, e a tal concento abbracciamoci tutti; perocchè avventurerei il cielo contro la terra, che vi sarà qualcuno di noi che non potrà più dare tal segno di amicizia.
(le trombe squillano: tutti si abbracciano ed escono)
SCENA III.
Pianura vicino a Shrewsbury.
Escursioni e combattimenti. Allarme ripetuto: poi entrano
da diverse parti Douglas e Blunt.
Blunt. Qual nome hai tu, tu che interrompi così i miei passi nella battaglia? Qual onore speri dalla mia morte?
Doug. Sappi che il mio nome è Douglas, e tu mi vedi dietro a te incessantemente, perchè alcuni mi dissero che sei il re.
Blunt. Il vero ti fu detto.
Doug. Lord Stafford pagò cara oggi la tua somiglianza. Questa spada troncò i suoi giorni invece dei tuoi, Enrico. Ma essa ti riserba il medesimo fato, se non ti arrendi prigioniero.
Blunt. Non son del numero di coloro che si arrendono, superbo Scozzese; e tu troverai un re che vendicherà la morte di Stafford. (combattono, e Blunt e ucciso; entra Hotspur)
Hot. Oh, Douglas, se tu avessi così combattuto a Holmedon, non avrei mai trionfato d’alcuno Scozzese.
Doug. Tutto è finito, la vittoria è nostra. Qui giace il re senza vita.
Hot. Dove?
Doug. Qui.
Hot. Questi, Douglas? No, io lo conosco bene. Fu un prode cavaliere chiamato Blunt, somiglievole in tutto al re.
Doug. Segua l’anima sua il suo volo insensato. Troppo caro ei pagò un titolo che non gli apparteneva. Perchè mi dicesti tu che eri un re?
Hot. Sua Maestà ha molti guerrieri che vestono come lui.
Doug. Ebbene, per la mia spada ucciderò tutti i suoi abiti: farò sperpero del suo guardaroba, fino a che mi abbatta nella sua persona.
Hot. Su, partiamo; i nostri soldati si mostrano dispostissimi per la battaglia. (escono; altro allarme. Entra Falstaff)
Fal. Quantunque in Londra mi sapessi sottrar al pagamento del mio scotto, temo di non potermene esimere qui dove è mestiere sborsar la testa. — (vede il cadavere) Adagio! Chi sei