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atto quarto | 201 |
Arc. Facilmente lo credo. Dimani, mio amato Michele, è il giorno in cui la fortuna di diecimila uomini deve sostenere la prova; perocchè dimani, a Shrewsbury, secondo ciò che risulta da avvisi certi che ho ricevuti, il re alla testa di poderoso esercito scontrerassi con lord Enrico; e temo, sir Michele, considerando l’infermità di Korthumberland, e l’assenza di Owen Glendower che al ritrovo non andò, trattenuto da non so quali predizioni, temo che l’esercito di Percy non sia troppo debole, per sostenere una battaglia contro il re.
Gent. No, degno signore, non dovete temerlo, avvegnachè siano con lui i signori Douglas e Mortimero.
Arc. Mortimero non vi è.
Gent. Ma vi è Mordake, Vernon, Percy, Worcester, e una schiera di eletti prodi e di valenti gentiluomini.
Arc. Così è infatti; ma dal lato suo il re ha chiamato sotto i suoi vessilli la miglior parte del regno. Il principe di Galles, Giovanni di Lancastro, il nobile Westmoreland, il bellicoso Blunt e molti altri guerrieri chiari in armi sono con lui.
Gent. Non dubitate, milord, che non trovino avversari degni del valore che essi posseggono.
Arc. Così io pure spero: ma nullameno è impossibile di non temere; e per prevenire le maggiori sventure, siate sollecito, sir Michele; perchè se Percy non riesce, il re, prima di licenziare il suo esercito, si propone di visitarci Egli è stato avvertito della nostra confederazione, e prudenza vuole che ci mettiamo in guardia. Studiate adunque il passo: bisogna intanto ch’io vada, a scrivere ad altri amici. — Sir Michele, addio.
(escono da varie parti)