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atto secondo 45

più c’incontreremo su questa terra... Ma nondimeno tu sei mia carne, mio sangue, mia figlia... o piuttosto sei una infermità che ho nella carne, e che bisogna chiami mia; sei un’ulcera, un tumore avvelenato, un veleno che mi corrode la vita. Ma io non intendo sgridarti: venga l’onta quando vuole, non io te l’imprecherò; non io invocherò su di te i fulmini del cielo, non io narrerò l’istoria tua al giudice supremo d’Olimpo. Ammendati quando puoi; diventa migliore ad agio tuo: io sarò paziente; starò con Regana, io e i miei cento cavalieri.

Reg. Non così tosto, signore. Io non v’aspettava ancora, nè feci gli apparecchi opportuni per ricevervi. Date ascolto, signore, a mia sorella; perocchè quelli che uniscono la propria saviezza alla vostra passione debbono rassegnarsi, e pensare che siete. vecchio, che... Poi mia sorella conosce bene quello che che fa.

Lear. Avete parlato da senno, ora?

Reg. Oso dichiararlo, signore. Come! cinquanta cavalieri non vi basteranno? A qual uopo vi servirebbe un maggior numero? Troppi forse anche non sono? Il pericolo e la spesa non parlano del pari contro sì gran moltitudine? Come mai in una sola casa tante persone sottomesse a due diversi signori potrebbero vivere in buona intelligenza? Ciò è difficile, quasi impossibile.

Gon. E perchè, signore, non potreste esser servito dai domestici di lei o da’ miei?

Reg. Perchè no, signore? Se per avventura essi dovessero mancare di servirvi, noi sapremmo punirli; ora, quando vogliate venir da me (perocchè comincio a veder di ciò tutto il pericolo), vi supplico di non condurre che venticinque de’ vostri cavalieri: ad un maggior numero non darei ricetto.

Lear. Io vi diedi tutto...

Reg. Era tempo che lo faceste.

Lear. Vi feci mie custodi, mie depositarie, riservandomi solo un numero di ufficiali pel mio seguito. Solo con venticinque uomini dovrei dunque venire da voi, Regana? diceste così!

Reg. E lo ripeterò, signore; non fate altri discorsi.

Lear. Queste malvagie creature potrebbero anche sembrar buone accanto a femmine più malvagie di loro: non essendo le peggiori, accattar potrebbero forse anche una lode. — Verrò da te (a Gon.); i tuoi cinquanta fanno il doppio de’ suoi venticinque; e tu sei due volte più amorosa.

Gon. Uditemi, signore. Qual bisogno avete di venticinque ca-