Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto terzo | 191 |
non maggior grazia, che non se n’abbia una volpe; e se devi essere salvata, il diavolo sarà redento. Vattene di qui, cosa...
Ost. Che cosa? Che cosa?
Fal. Cosa da pregarci Iddio standovi sopra.
Ost. Non sono tale da permettere che si preghi Iddio sopra di me; vorrei che lo sapessi; son moglie di un onest’uomo: e lasciando a parte la tua cavalleria, ti dico che sei un malnato a vilipendermi così.
Fal. E mettendo a parte la tua qualità di donna, ti dichiaro una bestia dicendo altrimenti.
Ost. Qual bestia? Quale?
Fal. Qual bestia? Una lontra.
P. Enr. Una lontra, sir Giovanni! perchè una lontra?
Fal. Perchè? Ella non è nè pesce, nè carne; un uomo non sa come impossessarsene.
Ost. Tu sei ingiusto, tu e qualunque altro che non conosca come io possa esser presa.
P. Enr. Dici il vero, ostessa; ei ti calunniò vilmente.
Ost. Così fa verso di voi, milord; diceva l’altro giorno che voi gli dovevate mille ghinee.
P. Enr. Malandrino, io ti debbo mille ghinee?
Fal. Mille ghinee, Enrico? Un milione: la tua amicizia vale un milione; e tu mi concedi la tua amicizia.
Ost. Ei vi chiamò furfante, e disse che voleva bastonarvi.
Fal. Lo dissi io, Bardotto?
Bard. Così diceste, sir Giovanni.
Fal. Sì, se egli disse che il mio suggello era di rame.
P. Enr. Lo dissi: osi tu persistere ora nella tua parola?
Fal. Enrico, tu sai bene, che s’io non vedessi in te che un uomo, l’oserei; ma essendo tu un principe, io ti temo quanto temerei il ruggito d’un giovine lioncello.
P. Enr. E perchè non come lo stesso leone?
Fal. È il re proprio che si deve temer come il leone. Credi tu, in coscienza, ch’io ti temessi, come temerei tuo padre? No, in fede mia: se questo fosse, vorrei che il mio cinto scoppiasse.
P. Enr. Oh, così ciò accadesse come anche al tuo ventre! Ma impudente, nel tuo maledetto seno non cape la più piccola dramma di verità o d’onore: esso è pieno soltanto di sporcizia. Accusare un’onesta donna d’averti vuotate le saccoccie: ma figlio di femmina impudica, se stavano in esse altro fuorchè conti di osteria o memorie di luoghi malvagi da te percorsi, vuo’ essere un miserabile: Oh! non hai tu vergogna?