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190 enrico iv

stro mantenimento, le vostre bottiglie e ventiquattro ghinee datevi in prestito.

Fal. Eccovi uno (indicando Bard.) che ne ha avuta una buona parte; ch’ei vi paghi.

Ost. Egli? Oimè è troppo povero; non ha nulla.

Fal. Come! povero? Mirate il suo volto. Chi chiamerete dunque ricco? Ch’ei faccia coniare il suo naso e le sue guancie; io non vi darò un obolo. Mi avreste forse in conto di un adolescente? Non sarò io libero di attendere ai miei agi nel mio albergo senza correr rischio di essere derubato? Ho perduto un suggello del mio avolo, che valeva almeno quaranta marchi.

Ost. Oh Gesù! udii molte volte il principe a dire che quel suggello era di rame.

Fal. Il principe è un mariuolo, un mercatante di menzogne, a cui darei cento colpi di bastone se fosse qui e osasse dir ciò.

(entrano il principe Enrico e Poins: Falstaff va loro incontro, suonando il piffero col suo bastone)

Fal. Ebbene, mio garzone? Spira realmente di costà il vento? Dobbiam noi marciare?

Bard. Sì; a due a due, alla maniera di Newgate1.

Ost. Milord, vi prego di ascoltarmi.

P. Enr. Che di’ tu madonna Quickly? Come sta tuo marito? Io l’amo assai, perchè è un onest’uomo.

Ost. Mio buon signore, ascoltatemi.

Fal. Pregoti, lasciala sola, e bada a me.

P. Enr. Che dici tu, ribaldo?

Fal. L’altra sera mi addormii qui dietro agli arazzi, e n’ebbi le saccoccie vuote: questa casa è divenuta un antro di ladri, le saccoccie vi corrono fieri pericoli.

P. Enr. Che ci perdesti, malandrino?

Fal. Vuoi tu credermi, Enrico? Tre o quattro obbligazioni di quaranta lire l’una, e un suggello del mio avolo.

P. Enr. Cose da nulla, oggetti da otto o dieci soldi.

Ost. Così io pur gli dicevo, milord; e gli soggiungevo ancora che aveva udito ciò da Vostra Grazia: ma egli, milord, parlava di voi da quell’indegno che è, e diceva che voleva bastonarvi.

P. Enr. Che! Così diceva?

Ost. Se ciò non è vero, non vi sia per me nè grazia, nè fede, nè salute.

Fal. Non v’è maggior fede in te, che non ne sia in un pagano;

  1. Prigione di Londra.