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ATTO TERZO
SCENA I.
Bangor. — Una stanza nella casa dell’arcidiacono.
Entrano Hotspur, Worcester, Mortimero e Glendowen.
Mort. Codeste promesse son belle, i nostri compagni sono sicuri, e l’impresa nostra ci dà le più liete speranze.
Hot. Lord Mortimero, e voi cugino Glendower, volete che ci assidiamo? E voi pure, zio Worcester..... maledizione! Non ho più la carta.
Glend. Eccola. (spiegando un mappamondo) Assiditi, cugino Percy, o piuttosto mio valente Hotspur: imperocchè ogni qualvolta Lancastro, parlando di te, ti chiama con questo nome, il suo volto impallidisce; e mandando un profondo sospiro ti vorrebbe già nel cielo.
Hot. E voi tutti in inferno quante volte ode proferire quello di Owen Glendower.
Glend. Nol posso biasimare: nel giorno della mia nascita la faccia del firmamento scintillò di meteore infiammate, di croci di fuoco, e nel punto medesimo in cui viddi la luce il globo della terra tremò vilmente di paura fino alle ime sue profondità.
Hot. Sta bene; avrebbe tremato non meno, quand’anche non foste nato, e che invece di vostra madre fosse stata la sua cagnuola che avesse partorito.
Glend. Ti dico che la terra tremò quando nacqui.
Hot. Ed io vi dico che, se credete che la terra abbia tremato per paura di voi, la terra e la mia anima non si rassomigliano.
Glend. Il cielo era tutto in fuoco, e il nostro globo oscillava.
Hot. Ebbene, la terra avrà tremato di spavento, vedendo il cielo in fuoco, e non per terrore della vostra nascita. Spesso la natura inferma produce strani fenomeni: spesso la terra, madre feconda, è tocca e tribolata da convulsioni intestine, cagionate dall’aere impetuoso che chiude ne’ suoi fianchi, e che aprendosi a forza un passaggio, commuove quest’antica e venerabile genitrice, ne rovescia i campanili e le torri muscose. Certo alla nascita vostra la nostra madre comune sarà andata soggetta a un tale accesso, e per la veemenza de’ suoi dolori avrà tremato.