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188 | re enrico iv — parte prima |
il principe delle tenebre a dichiararsi suo vassallo sulla croce di un pugnale che peste d’uomo è colui?
Poins. Oh! Glendower.
Fal. Sì, Owen, Owen appunto, e il suo genero Mortimero insieme col vecchio Northumberland, e quello Scozzese il più agile di tutti gli Scozzesi, Douglas, che cavalca a ritroso sopra le colline
P. Enr. Quegli forse che, correndo a briglia sciolta, uccide un passero di volo, con un colpo di pistola?
Fal. Sì quello. Ebbene, il malandrino ha cuore e non fuggirà. Ora egli se ne sta con Mordake e un migliaio di berretti turchini, con Worcester e con alcuni altri, la cui evasione ha fatto incanutire la barba di tuo padre. Adesso, dimmi, come vero è che tu sei l’erede presuntivo della corona, se si potevano scegliere tre nemici più terribili di quel fatale Douglas, di quel bollente Peroy, di quel satanico Glendower? Or, non temi tu? Il sangue tuo non ti si agghiaccia nelle vene?
P. Enr. No, in fede. Mi converrebbe il tuo istinto a ciò.
Fal. Sarai orribilmente garrito dimani, allorchè ti presenterai a tuo padre. Su, per amicizia per me, pensa un po’ a quello che gli devi rispondere.
P. Enr. Vediamo; mettiti al posto di mio padre, e interrogami sui particolari della mia vita.
Fal. Lo vuoi? Acconsento. Questa sedia sarà il mio trono, questo pugnale il mio scettro, e questo cuscino la mia corona.
P. Enr. Oh mio padre, il tuo trono è divenuto il seggio di un mendico!
Fal. Se ti rimane ancora una scintilla del fuoco della grazia celeste, vedrai come sarai commosso. — Datemi un bicchier di vino, onde ciò mi faccia diventar gli occhi rossi e si creda ch’io abbia pianto, imperocchè conviene che parli con calore e lo farò col tuono del re Cambise.
P. Enr. (prostrandosi). Eccomi alle tue ginocchia.
Fal. Eccoti il mio discorso. — Allontanatevi, miei lordi.
Ost. Piacevole scena, in verità.
Fal. Non piangere, dolce regina, perocchè le tue lagrime son sacre.
Ost. Oh come il padre compie bene la sua parte.
Fal. Per l’amor di Dio, miei lordi, guidate lungi questa mesta regina; perocchè i pianti le tolgono la vista.