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atto secondo 183

non siano state appiccate; e una di queste diviene pingue e vecchia: Dio ci aiuti! aiuti questo mondo. Dico! vorrei essere un tessitore e potrei cantar salmi e qualunque altra querimonia. Peste ai codardi, io dirò sempre.

P. Enr. Ebbene, sacco da lana? Che cianci?

Fal. Figlio di un re! Se non ti cacciassi fuori del tuo regno con una spada da Arlecchino, e non conducessi innanzi a te tutti i tuoi soggetti come un gregge d’oche selvatiche, vuo’ non mi cresca più un pelo sul mento. Voi principe di Galles!

P. Enr. Come! Parto d’obbrobrio! Di che accenni?

Fal. Non siete voi un codardo? Rispondetemi a ciò; e Poins ancora!

Poins. Affè! se chiami codardo me pure, turpe volume di adipe, io ti pugnalerò.

Fal. Io chiamarti codardo! Vorrei prima che Lucifero vi strangolasse; ma darei mille ghinee per saper correre come voi. Voi avete le spalle abbastanza ben fatte, ed è per ciò che non vi spiace di mostrare il dorso. Chiamate ciò spalleggiare i vostri amici? Peste a siffatto spalleggiare! Amerò piuttosto chi mi affronti. — Datemi una tazza di vino. — Vuo’ morire, se oggi bevo.

P. Enr. Oh, inconseguente! Le tue labbra non sono ancora terse dell’ultimo sorso.

Fal. Ciò a nulla vale: e morte ai codardi, io dico. (beve)

P. Enr. Di che si tratta?

Fal. Di che? Eccoci qui in quattro che questa mattina avevamo prese mille ghinee.

P. Enr. Dove sono esse, Giovanni? dove sono?

Fal. Dove sono? Ci furono riprese: cento malandrini ci piovvero a un tratto addosso.

P. Enr. Cento?

Fal. Vuo’ essere dannato, se non lottai per due ore contro una dozzina di aggressori. È un caso che io mi sia salvo; ebbi otto colpi sul mio giubbone, quattro nelle calze; il mio scudo è traforato, la mia spada fatta simile ad una sega: ecce signum. Non mai meglio schermii dacchè son uomo: ma nulla valse. Peste ai codardi! — Dimandatene a costoro: se vi dicono più o meno del vero, son traditori, figli delle tenebre.

P. Enr. Parlate, signori; come avvenne la cosa?